“Non stiamo vivendo una situazione rischiosa come quella di qualche anno fa, ma la tensione sullo spread resterà a breve, almeno fino all’estate, e fino a quando non si capirà bene cosa succederà in Italia a livello politico”. È quanto spiega in questa intervista a Formiche.net Alessandro Allegri, amministratore delegato di Ambrosetti Am Sim “trovare il numero magico, della soglia psicologica per i nostri conti pubblici è molto complicato – aggiunge – anche perché abbiamo una storia molto lunga di spread altissimi ma anche addirittura negativi, che un po’ ci siamo dimenticati: in certe fasi di mercato era la Germania a pagare di più dell’Italia l’emissione dei propri titoli di Stato”.
E ora che sta succedendo?
Abbiamo una tensione che si può circoscrivere nel breve termine, legata al risultato delle elezioni europee che non è stato così sconvolgente ma, per quanto riguarda l’Italia, mettono qualche dubbio in più agli investitori sulla stabilità del nostro governo.
Per questo lo spread è schizzato a 290 punti base?
Poco cambia se lo spread è a 250 o a 290: il problema è l’attenzione generalizzata che c’è sul sistema Italia che prosegue da parecchio tempo. Lo spread sta riflettendo questa situazione, siamo lontani da situazioni potenzialmente rischiose, ad esempio quando avvenne nel 2011 con l’avvento del governo tecnico di Mario Monti, ma restiamo l’osservato speciale dei mercati e ci rimarremo purtroppo per un po’.
Perché?
Dipende ad esempio se prenderà più vigore l’idea di un possibile rimpasto di governo, sicuramente le forze in campo sono molto cambiate rispetto all’inizio di questa legislatura e questo viene guardato con attenzione dagli investitori.
Quanto pesano le esternazioni politiche della Lega e l’ipotesi di sfiorare il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil?
Pesano molto e lo abbiamo già visto in altre situazioni, anche perché è difficile che poi vengono realizzate, servono più ai politici per alzare l’asticella della sfida ma non ai mercati che entrano in tensione. Avere una stabilità di governo e delle dichiarazioni più a favore dell’Europa aiuterebbe anche la discesa dello spread e dalla stabilità.
Ancora oggi il Tesoro ha collocato Btp con rendimenti in aumento. Può diventare un problema?
Diciamo che la domanda non dovrebbe venire a mancare perché gli investitori puntano a comprare sia i Btp che i Bot. Il ritorno per gli investitori su quanto siano interessanti questi titoli poi è tutto da valutare. Un conto è il tasso nominale, altro è quello reale: in mezzo c’è un’inflazione che in questa fase non è semplice da gestire.
Come giudica ad esempio il fatto che il Tesoro ha rinviato la collocazione del Btp Italia?
Credo sia legato proprio al fatto che lo scorso novembre, nel pieno braccio di ferro con la Commissione europea sulla legge di bilancio, non è andato benissimo e si è lavorato per ritardarne l’emissione. Non sappiamo anche quanto la domanda degli istituzionali abbia impattato su questa scelta e questo potrebbe essere un altro elemento che ha fatto slittare almeno temporaneamente l’emissione del Btp Italia.
Bloomberg ha stimato che nel prossimo semestre ci sono in scadenza 120 miliardi di euro di Btp in scadenza. Questo potrebbe pesare sulle prossime emissioni?
Un programma è stato fatto e dovrebbe essere rispettato e non dovremmo avere scenari diversi da quelli pianificati. Magari ci potrebbe essere uno spostamento di emissioni, se la situazione peggiora, nei primi mesi del prossimo anno.
Per via della speculazione?
Sì, vedo che c’è tanta speculazione sui nostri titoli di Stato che hanno un spread più vicini a quelli della Grecia ma così non dovrebbe essere. Eppure la nostra situazione economica non è così negativa come ci viene rappresentata oggi dallo spread. Sicuramente il problema di incertezza politica, che non permette di portare avanti riforme strutturali significative, è quello che pesa di più sul giudizio estero verso l’Italia.
Si parla sempre dei Btp ma a soffrire non potrebbero essere anche i bond societari?
I tassi governativi sono un riferimento attorno al quale vengono valutati e quotati i tassi di emissione delle aziende e, del lato corporate, il settore che può rimanerne più invischiato è quello finanziario e bancario che può subire degli stress significativi, le banche italiane possono essere viste come un investimento più rischioso. Insomma un investitore per comprare questi titoli potrebbe pretendere tassi d’interesse più alti e questo potrebbe pesare.
Ci sono in scadenza 57 miliardi di bond corporate. Ci potrebbero essere difficoltà in tal senso?
Potrebbe esserci un riflesso non indifferente magari per alcune società che stanno pianificando di poter raccogliere una determinata quantità di capitali che non saranno in grado di raccogliere. Diciamo che non è così semplice e non è facile in questa fase pianificare delle emissioni obbligazionarie per le società quotate.