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Boggetti (Confindustria Dispositivi Medici): un Paese in salute significa welfare per i cittadini e benessere sociale e economia che cresce.

“La sfida di oggi è tornare a investire nei servizi sanitari perché un Paese in salute significa welfare per i cittadini e benessere sociale. Ed economia che cresce.”
Non usa mezzi termini il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici Massimiliano Boggetti nell’iniziare quest’intervista.

Lei individua nella sanità una leva per la ripresa dei consumi. Ci spiega perchè?
Il Paese sta vivendo una profonda crisi di fiducia, registrata da un evidente calo dei consumi, ma la politica tende a sottovalutare uno dei pilastri su quali si deve agire per invertire la rotta o quanto meno migliorarne la percezione negativa: la salute dei cittadini.
Commenti, analisi e tweet si sprecano sui tanti modi per evitare una nuova recessione: dal rilancio dei consumi all’aumento della domanda interna, dagli investimenti al cuneo fiscale, ma ad aprile, il clima di fiducia dei consumatori è diminuito ancora. Per il terzo mese consecutivo.
Mentre ci si arrovella per trovare la soluzione più efficace, si tende a dimenticare che uno degli elementi fondamentali della vita delle persone è la salute. E se i servizi sanitari sono percepiti come poco efficienti a causa di liste di attesa troppo lunghe o apparecchiature ormai obsolete, i cittadini tendono a risparmiare sui consumi per avere se necessario un giorno la disponibilità economica a occuparsi delle proprie cure o di quelle dei propri famigliari.

La fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario nazionale è quindi calata? Perché?
Gli investimenti sulla spesa sanitaria pubblica italiana sono nettamente inferiori rispetto alla media dei principali paesi europei ed essa è sempre più compensata privatamente dai cittadini.
Per valutare quale sia il peso che i livelli di finanziamento hanno sull’economia del Paese, il rapporto più semplice a cui guardare è quello in relazione al PIL nazionale. Secondo le previsioni, il rapporto si attesterà al 6,6% nel 2020 e al 6,4% nel 2022 per poi crescere nelle proiezioni decennali future. Un valore passato dal 7,1% del 2010, dalle forche caudine di un’incessante spending review che, nel tentativo di ridurre sprechi e inefficienza, sta minando il funzionamento e la competitività del SSN.
E i cittadini lo percepiscono se non addirittura lo sperimentano sulla propria pelle.

Il definanziamento del Servizio sanitario pubblico sta spingendo i cittadini verso una Sanità privata pagata di tasca propria?
Secondo Tech4Life, una recentissima indagine di Confindustria Dispositivi Medici, quasi un italiano su 2 ha poca o pochissima fiducia negli ospedali pubblici, mentre oltre il 74% dichiara di fidarsi moltissimo dei medici specialistici. Questa discrepanza deve far riflettere.
In termini economici, la spesa sanitaria privata è cresciuta dal 2013 al 2017 del 9,6% arrivando alla cifra di 40 miliardi. E la Sanità privata – pagata di tasca propria dai cittadini – è frutto di un SSN sempre più depotenziato e inadeguato. Che sta diventando iniquo.
Secondo il VIII Rapporto Censis-Rbm Assicurazioni Salute, 7 milioni di italiani si indebitano per pagare cure e servizi sanitari e 2,8 milioni per farlo vendono casa.
Un esborso medio pro capite di 655 euro, che rischia di arrivare a mille euro nel 2025: è come se un operaio vedesse la propria tredicesima immobilizzata per pagare le spese mediche.
L’incertezza legata ad un SSN che non è in grado di curarti in tempi ragionevoli, o con le ultime tecnologie disponibili, induce i cittadini a tenere chiusi i cordoni della borsa, alimentando un clima di sfiducia che paralizza il Paese.

Tutto ciò genera anche disuguagliante fortissime…
Certamente. Se dopo 30 anni un’innovazione dirompente come la paroscopia viene utilizzata in Italia solo per il 38,5% degli interventi chirurgici e principalmente al Nord, se gli acquisti di macchinari e strumentazioni si fanno ancora al massimo ribasso, se si pensa di risolvere il tema delle inefficienze con i prezzi standard, allora abbiamo un problema, serio, di iniquità di accesso alle cure, livelli bassi di penetrazione di innovazione e capacità gestionale del SSN che ha effetti deleteri a tutti i livelli.
Mentre la medicina fa passi da gigante verso un approccio basato sulla predizione delle patologie attraverso dispositivi medici di ultima generazione orientando gli stili di vita alla prevenzione, il SSN nazionale si impoverisce lentamente perché privo di investimenti.

Crede ancora che l’universalismo sia da difendere?
L’universalismo, un valore che è sempre stato motivo di orgoglio di questo Paese, rischia di diventare la facciata elegante di un palazzo in rovina, quindi delle due, l’una: o si torna ad investire in modo serio sia in termini economici che organizzativi sul SSN o si studiano formule alternative per garantire equità di cure in tutta Italia che non sia l’out of pocket, tutto sulle spalle dei cittadini.



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