L’operato della Bce influisce sulla vita di quasi 350 milioni di persone e su milioni di imprese nell’area dell’euro. Con le decisioni dell’istituto, ancora fino a ottobre guidato da Mario Draghi ed espressione di 19 Paesi dell’Unione, si influisce direttamente sul risparmio o sull’investimento, sull’indebitamento o il finanziamento di banche e imprese che sono i vettori su cui si regge l’economia comunitaria e non solo. Per questa ragione la Bce deve necessariamente rendere conto del proprio operato e cercare di spiegare le decisioni prese ai cittadini, ai loro rappresentanti eletti e anche agli organi di informazione e ai mercati finanziari. Decisioni che sono in grado di cambiare ‘il corso della storia’, come quando per evitare un’implosione finanziaria e i devastanti effetti della crisi dei subprime, si è deciso di reagire con l’arma della politica monetaria: una produzione di nuovo denaro senza precedenti nella storia dell’economia occidentale, che ha cambiato decisamente il modo di intendere il governo della moneta.
Ma chi controlla che queste decisioni siano giuste? L’istituto di Francoforte, che è indipendente di natura, si è comportato in modo trasparente e corretto sulla vigilanza delle banche o ha assunto posizioni interventiste? Di questo si è discusso all’Università Luiss, prendendo a modello il libro scritto da Stefano Lucchini, chief institutional affairs e external communication officer di Intesa Sanpaolo e Andrea Zoppini, professore ordinario di Diritto civile presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre “Vigilare le banche in Europa – Chi controlla il controllore?” (Edizioni Passigli).
“Un libro che è nato da un aneddoto – ha spiegato Lucchini – perché ad un certo punto ho chiesto all’amico Zoppini: chi controlla il controllore? Quando ho lavorato in Eni, ricordo, che se l’Autorità per l’Energia disponeva una delibera si poteva ricorrere al Tar. Ma se la Bce prende una decisione, ad esempio sull’operato delle banche italiane, a chi posso rivolgermi?”.
È la domanda dalle cento pistole che già in passato, per la verità, è stata rivolta anche sull’operato della Banca d’Italia che svolge la funzione di “controllore” del sistema creditizio italiano, salvo poi scoprire che i partecipanti al capitale sociale di Bankitalia sono tutte le principali banche italiane, alcuni enti previdenziali, molte fondazioni bancarie e molte banche territoriali. Ma nel caso europeo il tema è ancora più grande perché, come ha ricordato Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, “se è vero che l’unione dei capitali può dirsi compiuta, lo stesso non può dirsi di quella bancaria. Basta considerare che dopo cinque anni non è stata ancora costituita una sola Commissione in grado di elaborare qualche idea sul testo unico dell’unione bancaria”. Tirato per la giacchetta, visto il suo passato di banchiere, Alessandro Profumo, oggi amministratore delegato di Leonardo ha ricordato come con l’ex ministro del Tesoro, Tommaso Padoa Schioppa si fosse lavorato sul tema delle regole e della vigilanza a livello europeo.
“Oggi non mi preoccupa molto – ha detto l’ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e amministratore delegato del gruppo UniCredit – chi controlla il vigilato ma come il ruolo del Ssm, il single supervisory mechanism, l’organo con cui la Bce controlla la vigilanza bancaria sui principali istituti dell’eurozona”. Ebbene questo ruolo si sta trasformando, diventando sempre più regolatore ed è destinato a modificare i rapporti tra finanza ed economia reale. Un esempio pratico? “I tempi per arrivare ad una decisione – ha detto – non coincidono con quelli del mercato”. Ovvero mentre i tecnocrati maturano una decisione c’è il serio rischio, ad esempio, che la banca sia fallita o i risparmiatori si siano dati alla fuga. Quindi anche la tempestività – e non solo la regolazione – è importante nel rapporto tra controllore e controllato.
Per Paola Severino, vice presidente della Luiss, ma già ministro della giustizia con il governo tecnico di Mario Monti, il problema principale è “la non completa armonizzazione che caratterizza le regole di vigilanza bancaria a livello europeo”. “La Bce si trova ad affrontare situazioni profondamente diverse con gli stessi mezzi, e con regole che peraltro derivano dalla sua stessa discrezionalità” aggiungendo che “una tale mancanza di armonizzazione può talora essere problematica”. “Le riforme che sono state finora attuate in materia di vigilanza bancaria possono talora apparire i contrasto con i principi fondanti del diritto e della giustizia, come quello di uguaglianza”. “La trasparenza è un bene e una caratteristica che dobbiamo incentivare, ma non basta quando la discrezionalità non riesce a far fronte all’incertezza derivante dalla mancata armonizzazione delle regole”.
Meno preoccupato dell’accountability, dalla governance quasi anarchica di cui godrebbe la Bce si è detto invece Giuliano Amato, giudice della Corte Costituzionale e già presidente del Consiglio. “Non è vero che la Bce non possa essere controllata – ha detto – ci sono le corti europee che riescono a scavare e trovare strumenti giuridici per sottoporre a sindacato anche la Bce. Noi in Italia non saremmo riusciti a trovare – ha detto – un sindacato sulle operazioni monetarie inventate da Draghi. La corte di giustizia lo ha fatto. Questo non lo dimentichiamo mai. Poi siamo contenti che si è dato ragione alla Bce, ma il sol fatto che ne possiamo discutere è la dimostrazione che c’è stato un giudice, non a Berlino, ma in Lussemburgo che con il suo atto ha messo in discussione proprio l’operato della banca centrale”.