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Sui conti pubblici l’Europa non ci chiede di strisciare ma di rispettare deficit. Parla Deaglio

“L’Europa non ci chiede di strisciare, ma di essere credibili nella riduzione del deficit”. È quanto vuole sottolineare in questa conversazione con Formiche.net Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università di Torino ed editorialista del quotidiano La Stampa. “Non serve puntare i piedi – dice – con lo spread fuori controllo sarebbero a rischio i nostri depositi”. E sulla flat tax? “È uno strumento interessante, ma ancora solo un titolo e quando si passa dal bar all’ufficio tecnico, le cose cambiano, soprattutto se verranno tagliate le detrazioni fiscali, a partire da quelle mediche”.

Prof. Deaglio, l’ultimo richiamo è quello del vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis: in Italia occorre una correzione “sostanziale” dei conti pubblici…

L’Europa non pretende un’applicazione letterale degli accordi, non l’ha fatto con la Germania, non l’ha fatto con la Francia. Ma vuole una linea di politica economica che sia coerente con la riduzione del deficit e del debito pubblico. Insomma ci stanno dicendo: accettiamo che l’Italia abbia un deficit più alto di quello che dovrebbe avere, purché si impegni, come da accordi precedenti, a farlo scendere anno per anno.

Quindi è giusta la linea del dialogo del premier Conte o meglio puntare i piedi e pretendere più rispetto…

Ma quale braccio di ferro? Adesso non scherziamo per favore. Se avessimo la procedura d’infrazione un minuto dopo, non un giorno dopo, scatta uno scalino grosso come una casa di spread e, quando questo sale, il valore dei titoli di stato scende. Cosa significa? Che la forma principale di investimento finanziario italiano va in tilt e i nostri depositi sarebbero a rischio. Vogliamo fare la fine della Grecia dove chi voleva prelevare i soldi dalle banche lo poteva fare una volta a settimana?

La sola strada quindi è evitare in ogni modo la procedura d’infrazione?

Sì, tenendo presente che l’Europa non ci chiede di strisciare, basta guardare cosa ha detto nei giorni scorsi Il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici che è disponibile a vedere le nostre carte, i nostri impegni. Ma se la nostra risposta è che vogliamo finanziare più spesa e in deficit, allora rischiamo di fare la fine di quel giocatore che chiede sempre soldi ma non onora i suoi debiti e viene messo necessariamente all’angolo perché non è più credibile e anche un po’ patetico.

Ma come si può conciliare questo con l’esigenza di uno shock economico magari con la flat tax?

Non lo so, perché non so bene come funzioni esattamente questa flat tax. Bisognerebbe capirne di più, per ora è soltanto un titolo. Ieri si parlava di tetto a 50mila euro di reddito, oggi di 65mila, e non si sa nulla sulle detrazioni. Finché non si delineano i contorni, non sarà nemmeno possibile fare le simulazioni o i test sui contribuenti.

Ma non pensa che la riduzione delle tasse possa giovare ad una ripresa dell’economia?

Guardi la flat tax è uno strumento interessante e potrebbe essere applicata almeno per alcune categorie.  Che poi possa dare quella scossa all’economia non lo sappiamo, perché dipende dalle varie condizioni del momento. Ma attenzione: a fronte della riduzione della tassa, c’è una riduzione delle detrazioni e, finché, non mi dicono in che termini, non sappiamo niente. Se eliminano le deduzioni mediche, ad esempio, le persone iniziano a farsi i conti, se questo conviene oppure meno. È molto facile parlare in generale di flat tax, ma quando dal bar passiamo all’ufficio tecnico, la cosa diventa molto più complicata.

C’è chi dice facciamola completamente in deficit ma facciamola…

Il fatto è che il deficit bisogna anche poterlo fare. Basta ricordare quello che successe nell’estate del 2011 e che portò al governo tecnico. Per alcune settimane le aste del debito pubblico italiano – che aveva uno spread salito quasi a 600 punti base – non furono coperte integralmente dagli investitori. Quindi quando Di Maio dice attingiamo al deficit si sta rischiando di andare incontro alla paralisi, al cervello del sistema, ai risparmi accumulati.

Tutto questo mentre aumentano le crisi aziendali, da Ilva a Alitalia, può salire la tensione anche su questo fronte?

Per il momento sono situazioni limitate, forse in autunno però si potrebbe rischiare un cortocircuito perché se queste situazioni si trascinano e con la manovra da fare il malcontento potrebbe aumentare, soprattutto in quella parte della popolazione urbana e di periferia che ha visto con favore le promesse della Lega e del M5S.


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