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Le proteste di Hong Kong potrebbero colpire (anche) l’Europa. Sisci spiega come

Prosegue la tensione a Hong Kong per l’emendamento della legge di estradizione. Ieri gli scontri tra i manifestanti e la polizia hanno impedito i lavori del Consiglio legislativo, che ha rimandato la seduta per il 20 giugno, tra accuse di brutalità e violenza contro le forze dell’ordine.

È prevista una nuova manifestazione domenica, dato che la proposta di emendamento rischia di fornire alla Cina un potente strumento per arrestare i dissidenti che si trovano a Hong Kong, secondo gli oppositori. Lo scorso fine settimana, un’incredibile manifestazione, con più di 1 milione di persone – secondo gli organizzatori – ha riacceso gli animi.

Pechino ha puntato il dito contro l’Unione europea, accusando Bruxelles di ingerenza dopo la richiesta di Maja Kocijancic, portavoce del capo della diplomazia europea Federica Mogherini, di rispettare i diritti dei manifestanti di Hong Kong.

In una conversazione con Formiche.net, il sinologo Francesco Sisci, saggista, editorialista e ricercatore della China’s People’s University, spiega la dimensione globale di quanto sta accadendo a Hong Kong e il perché la situazione può avere importanti ripercussioni sulla stabilità economica mondiale.

La legge di estradizione sembra legittima (anche con l’Italia c’è un accordo), perché questo emendamento ha causato tanto scalpore?

Perché c’è una doppia sfiducia. La gente di Hong Kong teme che Pechino possa usare la norma per fare pressioni sul territorio e limitare la libertà di espressione e di organizzazione. Pechino teme, che nell’attuale spazio di tensioni internazionali, Hong Kong possa diventare il cavallo di Troia per sobillare e sovvertire la Cina.

A che punto è la complessa relazione tra Hong Kong e la Cina?

In un momento molto delicato, anche perché le tensioni con la Cina passano nella carne stessa di Hong Kong. I miliardari del territorio sostengono Pechino, anche perché dal benvolere della Cina dipendono molto delle loro fortune, ma le classi medie e popolari sono contro Pechino che toglie libertà ma anche non li favorisce e sostiene i ricchi.

Il 20 giugno è previsto un nuovo voto del Parlamento per portare avanti l’emendamento. È probabile un’altra posticipazione? Come potrebbe agire la Cina in questo clima di tensione?

È possibile che Pechino scelga di non volere aumentare tensioni anche prima del vertice con Trump il 28 giugno a Osaka. Ma dipende anche da cosa faranno i dimostranti che sembrano molto bene organizzati e sostenuti da un grande appoggio popolare.

Queste nuove tensioni pesano nei rapporti con gli Stati Uniti e mettono in una complessa posizione anche il Vaticano? E l’Europa?

Per la Santa Sede credo che ci possa essere naturalmente grande preoccupazione perché le tensioni nel territorio potrebbero crescere in una spirale pericolosa. Certamente credo che la Santa Sede non voglia che le proteste di Hong Kong si trasformino in una specie di miccia di altro. Per l’Europa la preoccupazione nel brevissimo è principalmente finanziaria. Una perdita di fiducia in Hong Kong come piazza finanziaria asiatica potrebbe avere enormi ripercussioni nell’economia mondiale.

Quali potrebbero essere gli effetti economici e commerciali (anche globali) di questa situazione? Come si stanno comportando i mercati? Queste proteste potrebbero avere conseguenze sull’economia persino in Italia?

Le borse sono cadute ma non crollate, non è chiaro se per una saggezza dei mercati o per un intervento di sostegno di Pechino. Bisogna seguire cosa avverrà nei prossimi giorni.

La situazione potrebbe non risolversi a breve. Quali sono gli scenari possibili, anche in vista della fine dell’autonomia prevista per il 2047?

Il 2047 è molto lontano, nel breve bisogno seguire l’evolversi degli eventi dato che nessuno si aspettava una settimana fa questa esplosione.


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