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L’Italia punti alla Commissione Ue, non litighi per qualche portafogli. Parola di Letta

“Dove ci sono scambi economici, è molto difficile che ci sia la guerra”. Di questo e di diplomazia al servizio del tessuto produttivo italiano ed europeo si è parlato nel corso di “Business Diplomacy”, evento organizzato dalla società di consulenza “Cui Prodest” in occasione dei suoi 10 anni di attività. La conferenza ha visto la partecipazione di Enrico Letta, Giulio Tremonti, Marco Alberti (Enel), ed Erwin Rauhe (Basf), Board member della Camera di Commercio Italo-Germanica.

“Fare Business diplomacy significa collezionare tutti quegli elementi che stanno prima della relazione commerciale, raccogliere informazioni di scenario, politiche, sociali, studio dei social media e prospettare ad un’azienda che intende investire in un dato Paese un quadro quanto più completo possibile”, ha spiegato a Formiche.net Giuseppe Volpe, managing partner di Cui Prodest. “Occorre conoscere la nave, l’equipaggio e il fondale e poi si può avere un’idea della rotta. La diplomazia dello Stato dovrebbe essere anche al servizio delle aziende. In Italia abbiamo l’ICE che si occupa di questo ma tante volte ci si lamenta di velocità asincrone, perché le necessità e i tempi di un’azienda non sono quelli di un’Istituzione. Pensiamo alla Via della Seta, la business diplomacy arriva quando gli accordi presi a livelli istituzionale rispondono alle esigenze di mercato”.

GIULIO TREMONTI: “VIA DELLA SETA? BUON MOSSA PER LA CINA, PER L’ITALIA NON SO”

Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia dei governi Berlusconi, non fa mistero dei suoi scetticismi circa i risultati della Via della Seta, l’iniziativa economica e politica della Cina per migliorare i suoi rapporti commerciali in Europa. Il progetto cinese ha visto l’Italia siglare 29 accordi, tra i quali 19 istituzionali. “Il Protocollo della via della Seta è sicuramente un ottimo esempio di business diplomacy cinese, ho qualche dubbio sull’Italia”, ha detto Tremonti a Formiche.net. “Spesso dimentichiamo che siamo nella seconda globalizzazione, diversa dalla prima ma drammatica come la prima, non è vero che la storia è finita ma è ricominciata, con gli interessi. Per questo sono convinto che gli strumenti di interpretazione che possediamo non bastino più ma che debbano essere aggiornati al tempo in cui viviamo. Occorre sommare discipline ed esperienze diverse, letture eterogenee ed etorodosse. Non ci sono libri di diplomazia o di tecnica commerciale, la storia è tornata. Se proprio si vuol leggere qualcosa si legga William Shakespeare, segnalo in particolare Amleto e La Tempesta”.

ENRICO LETTA: “ITALIA PUNTI A DECIDERE PER LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA E DELLA BCE”

Di nomine europee, e della posizione assunta dall’Italia, ha parlato Enrico Letta, ex premier ed attuale direttore della Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi. “Sulle nomine Ue l’Italia è sulla strada sbagliata. Si discute se è meglio perdere il portafoglio della concorrenza, quello dell’agricoltura, quello delle politiche industriali”, ha detto Letta dal palco, denunciando un approccio dimesso della diplomazia italiana in Europa. “Questa modalità rappresenta un errore, perché l’Italia è un grande Paese dell’Unione europea come Francia e Germania e deve, quindi, discutere di chi sarà il prossimo presidente della Commissione e della Bce. Il nostro Paese ha sempre giocato questo campionato, al pari di Francia e Germania, influenzando una strada o l’altra”.

L’Italia, secondo Letta, dovrebbe giocare una partita diversa, puntando più in alto di quanto starebbe facendo il governo guidato dal premier Conte. “Le decisioni veramente importanti sono quelle prese dalla Commissione nella sua collegialità”, ha aggiunto Letta. “Coloro che teorizzano di ottenere un portafoglio di una determinata materia dovrebbero comprendere la marginalità in questa partita”. Un altro punto delicato è quello degli equilibri politici nazionali ed europei. Se in Italia i sovranisti e i populisti sono al governo, nel Parlamento europeo la maggioranza parlamentare è ancora composta dai partiti tradizionali. Le elezioni europee che avrebbero dovuto stravolgere il volto di Strasburgo, hanno invece confermato l’asse centrista. “Se fossi il capo del governo, sentirei Berlusconi e Zingaretti, i leader di quei partiti che in Europa fanno parte della maggioranza, per decidere insieme come in questa partita europea si possa essere più incisivi possibile”, ha concluso l’ex premier. “Altrimenti otterremo solo un pezzetto di questo o di quel ministero, solamente uno su 28”.



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