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Il daspo di Montecitorio ai lobbisti

“Fico caccia i lobbisti dal tempio” è l’occhiello di un articolo pubblicato il 18 giugno, dal Fatto Quotidiano. I lobbisti defenestrati non avrebbero comunicato con chiarezza quale parlamentare avevano incontrato e il motivo della visita, come prescrive il Registro dei lobbisti di Montecitorio. “Con le prime sanzioni, l’Ufficio di Presidenza dimostra di voler applicare severamente le norme previste dal Registro, rendendo effettive disposizioni che erano state forse sottovalutate nella propria portata dai gruppi di interesse” commenta Maria Cristina Antonucci in un articolo pubblicato su Formiche.

L’errore dei defenestrati è dovuto a una leggerezza? A una dimenticanza? Oppure al reale desiderio di tenere segreto il motivo dell’incontro? Non lo so. Quello che so è che per noi lobbisti il Registro non è un problema, ma solo un adempimento burocratico affrontabile. Ben venga il registro se riesce a far divorziare, nella testa dei cittadini e dei media, la coppia lobbisti-faccendieri, che resiste negli anni senza mai affrontare una crisi matrimoniale. Sono iscritta a un servizio di Google che si chiama “Alert”, una sorta di rassegna stampa del web che funziona per parole chiave. Selezionando il termine lobby, viene fuori un quadro deprimente. Ogni giorno nella Rete, con un martellamento incessante, il mestiere che svolgo oramai da più di vent’anni viene associato ad affaristi, sottobraccisti e delinquenti di vario genere. L’ho detto e scritto mille volte: i lobbisti seri sono altro. Il nostro lavoro consiste nel presentare gli interessi di un’organizzazione ai decisori politici. Lo ripeto ormai da anni come un disco rotto: non influenziamo i politici, ma ci limitiamo a dare loro informazioni sulle esigenze di un’organizzazione e sarà poi la politica a decidere se tenerne conto oppure no. E, se la risposta è no, il nostro lavoro si ferma lì.

Per la rubrica di Telos A&S Lobby Non Olet abbiamo chiesto cosa ne pensa del lobbying a Gian Domenico Caiazza, il presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, l’associazione che rappresenta gli avvocati penalisti. Guarda il video di Gian Domenico Caiazza. L’intervista è stata registrata prima dell’uscita dell’articolo del Fatto. Ma, ahimè, questa è l’ennesima prova che il tema rimane sempre caldo e, dunque, sempre attuale.

“La lobby certamente non è un reato e non è nulla di illecito sotto nessun profilo. Dobbiamo intenderci sul significato di questa parola. Perseguire un interesse, rappresentare un interesse collettivo, che può essere ristretto o può essere molto ampio, è un obiettivo perfettamente lecito e legittimo” chiarisce Gian Domenico Caiazza. “Può essere un interesse di natura strettamente economica, un interesse finanziario. Può essere un interesse politico, può essere un interesse morale. Il punto quindi qual è? Che il perseguimento degli obiettivi sia dichiarato e sia svolto secondo regole di correttezza, di liceità note a tutti. Questa è la lobby” aggiunge Caiazza.

La chiave sta in queste parole: “note a tutti”. È fondamentale infatti che la rappresentanza di interessi sia fatta in modo esplicito, che si sappia per chi lavora il lobbista e siano chiari i suoi intenti. E questo deve essere sempre garantito. Registro o no.


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