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La Francia punta sullo Spazio (e investe miliardi). Cosa farà l’Italia?

Un miliardo di euro sta dividendo lo Spazio francese tra industria e governo. La questione, che tanti Paesi (Italia in testa) vorrebbero avere, è se stanziare alle attività spaziali 2,1 miliardi di euro o 3,1 per il prossimo triennio 2020-2022.

IL LIVELLO DI AMBIZIONE

Da una parte i rappresentanti delle aziende, sostenuti nelle rispettive ambizioni dal Cnes, l’agenzia spaziale transalpina. Dall’altra il ministero delle Finanze, guidato da Bruno Le Maire. Al centro del dibattito non c’è l’obiettivo, quanto le risorse con cui raggiungerlo. La convergenza pare infatti totale sul livello di ambizione, con il mirino puntato alla guida dello Spazio del Vecchio continente, a livello politico (con il peso nell’Agenzia spaziale europea, Esa, e nell’Ue) e a livello industriale (con il sostegno istituzionale al comparto). Non è un caso che il piano di finanziamenti venga considerato da più parti urgente in vista della riunione, il prossimo novembre a Siviglia, del consiglio ministeriale dell’Esa. La tabella di marcia prevede infatti di approvare entro settembre il nuovo programma nazionale a valenza triennale (2020-2022), così da arrivare all’appuntamento europeo preparati e consapevoli delle risorse da poter mettere a disposizione.

LE FRIZIONI

La riunione di ieri del Cospace (il comitato che riunisce istituzioni e industrie impegnate nello Spazio) è stato un buco nell’acqua per l’individuazione del livello di investimenti. Complice l’assenza pesante di Le Maire, che rischia di rimandare la definizione del piano proprio a settembre, quando mancheranno un paio di mesi alla ministeriale di Siviglia. Da qui, il pessimismo di Le Tribune: “Siamo infelicemente molto, molto lontani” da un accordo che definisca il peso di Parigi “all’Esa e, oltre, in Europa”. A dividere le parti c’è, come detto, un miliardo di euro. Per ora, si prevedono tre scenari di spesa: 3,1 miliardi, 2,8 o 2,1. In tutti i casi, si tratterebbe di nuovi investimenti pubblici destinati al settore. L’industria vorrebbe il massimo di impegno da parte dello Stato, mentre il ministero delle Finanze sarebbe al momento favorevole a quello minore, supportato nella linea dal vertice del dicastero dei Conti pubblici Gérald Darmanin.

L’INTERMEDIAZIONE DELLA VIDAL

A fare pressione sui colleghi potrebbe essere Frédérique Vidal, ministro dell’Insegnamento superiore, della ricerca e dell’innovazione. Considerata vicina agli interessi dell’industria, sarà lei a sedere a Siviglia vicino agli altri colleghi dell’Esa, e potrebbe avere più interessi degli altri ad arrivarci con una base programmatica di finanziamenti pubblici più pesante per il triennio a venire. In una recente intervista, la Vidal ha detto che “è normale che la Francia voglia avere un ruolo da protagonista nel contesto europeo”, soprattutto ora che “ci sono diverse nazioni spaziali importanti”, tra cui cita espressamente Germania e Italia.

UNA QUESTIONE DI RICERCA E SVILUPPO

Il punto degli industriali è che 2,1 miliardi sono quelli già previsti dall’attuale pianificazione. Se venissero confermati, fanno sapere, si tradurrebbero in risorse aggiuntive pari a soli 100 milioni di euro per i programmi di ricerca e sviluppo. D’altra parte, spiega Le Tribune, ci sono da coprire le spese per proseguire i progetti già avviati, nonché da colmare il debito che il Cnes ha maturato nei confronti dell’Esa per la logica del sovra-ritorno. Il resto andrebbe al lanciatore transalpino Ariane 6 e ai programmi satellitari, lasciando poche risorse alle novità.

VERSO LO SPAZIO EUROPEO

A prescindere dai miliardi, il dibattito testimonia l’esigenza per l’Italia di guardare con attenzione le manovre dei partner nel Vecchio continente. Oltre all’Esa, le risorse per lo Spazio arriveranno copiose dall’Unione europea, con Bruxelles pronta a mettere sul piatto 16 miliardi di euro per il prossimo quadro finanziario 2021-2027. Circa 9,7 miliardi andranno a Galileo ed Egnos, le infrastrutture satellitari per navigazione e puntamento, il cui obiettivo resta l’affrancamento dal sistema americano Gps. Per il sistema europeo di osservazione della Terra, Copernicus, si prevedono invece 5,8 miliardi, mentre 500 milioni dovranno essere destinati allo sviluppo di “nuovi componenti di sicurezza”, a partire dalla Space situational awareness (Ssa).

RIFLESSIONE SULL’ITALIA

In tal senso, la discussione oltre le Alpi fa riflettere, soprattutto per il livello di ambizione che Parigi continua a mantenere e su cui nessuno dei protagonisti del dibattito si trova in disaccordo. Come per la Difesa, all’ambizione transalpina corrisponde infatti una programmazione di lungo periodo e soprattutto un massiccio piano di investimenti pubblici. Sono proprio questi ultimi a latitare troppo spesso nel nostro Paese, che invece ne avrebbe bisogno per poter tradurre in maggior peso politico e strategico le tante eccellenze del settore. Tra l’altro, l’occasione ci sarebbe. L’Italia può infatti vantare da oltre un anno una governance innovativa, che ha ridato omogeneità e coordinamento alla politica nazionale mettendola nelle mani del presidente del Consiglio, supportato per questo da un apposito Comitato interministeriale. Da qui sono usciti lo scorso marzo gli Indirizzi di governo in materia spaziale e aerospaziale, prima tappa verso la definizione del Documento strategico di politica spaziale nazionale (il Dspsn) e del conseguente piano operativo denominato Documento di visione strategica per lo spazio (il Dvss). Ora c’è da rilanciare l’azione. L’occasione potrebbe arrivare dalle Camere, magari attraverso un nuovo Intergruppo parlamentare per lo Spazio.



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