Difendere i dati sensibili e il know-how nazionale, prima che finiscano in mani straniere, soprattutto sbagliate. Ma anche rafforzare l’incisività nazionale dei poteri di controllo sugli investimenti esteri nel vecchio continente, cercando la sponda di Paesi dell’Unione europea come la Germania e (sebbene in uscita) il Regno Unito. Una mossa, questa, tesa a “non restare ostaggio” del confronto sino-americano.
IL RUOLO DEL SISSE
Per questo, spiega Les Echos, Parigi ha dato corso a un poderoso riassetto organizzativo dei ministeri-chiave francesi per potenziare la sua difesa economica, incastrato nel tentativo di una strategia più ampia.
Per farlo, ha voluto partire dal Sisse (acronimo di Servizio di informazione strategica e sicurezza economica), organo del ministero dell’Economia istituito con un decreto del 2016 con lo scopo, recita il sito del dicastero, di “animare la politica pubblica in materia di protezione e promozione degli interessi economici, industriali e scientifici della nazione e di valutarne l’efficacia”. Vero cuore pulsante della sicurezza economica del Paese, il Sisse non solo coordina la sua attività con tutti i principali dipartimenti dei Servizi (Dgse, Dgsi, Drsd, Drm), ma esprime anche, sotto il segretariato generale della Difesa e della Sicurezza nazionale (Sgdsn), la composizione del Colisé, comitato di raccordo fra i vari ministeri e il Consiglio nazionale della Difesa. Funzioni incisive, ma non più sufficienti per far fronte alle nuove sfide internazionali del settore.
IL PASSAGGIO ALL’AZIONE
“Le inchieste extra-territoriali americane, le interrogazioni su Huawei, le acquisizioni cinesi, le minacce degli attivisti” costringono il Sisse a passare all’azione, scrive Anne Drif.
Si basa su queste riflessioni la notizia di questi giorni della decisione del ministero di Rue de Bercy di dotare il Sisse di un “Commissario per il Digitale” (in inglese si definirebbe un Chief Digital Officer) e di poteri più penetranti in materia di sicurezza economica. A questo obiettivo è votata la nuova missione dell’organo: quella di “anticipare la rilevazione di allarmi per gli interessi economici della nazione” attraverso l’uso dei Big Data e dell’Intelligenza artificiale. Il Sisse analizzerà una “massiccia quantità di dati” sulle aziende straniere intente ad acquistare, in parte o per intero, le start up francesi. Queste ultime, a differenza dei grandi gruppi e delle Pmi che hanno raccordi più strutturati con i ministeri, rischiano più spesso “di essere raggirate da attori stranieri o di scomparire”. L’obiettivo ultimo del governo è insomma evitare che la tecnologia made in France delle start-up abbandoni le Alpi senza un previo, millimetrico controllo degli acquirenti. Per evitarlo, spiega una fonte governativa al giornale francese, il Sisse sonderà le Pmi francesi in cerca di acquirenti domestici “disposti ad assumersi rischi di investimento con la Bpi (Banque publique d’investissement, ndr)”.
Per Adriano Soi, già prefetto e responsabile della Comunicazione istituzionale del Dis, oggi docente di Intelligence e Sicurezza Nazionale alla Scuola “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze “è curioso vedere che il Paese che ha inventato il concetto di guerra economica, la Francia, parli di difesa economica”. Tuttavia, sottolinea, “nel farlo usa un concetto di rilevazione precoce delle minacce attraverso Big Data e IA: è la dimostrazione che, soprattutto per le imprese, il problema principale nel cyberspace non è capire come difendersi a posteriori da attacchi che magari hanno già portato via ogni informazione sensibile, ma piuttosto anticiparli attraverso analisi predittive e un’adeguata prevenzione”.
LA STRATEGIA DI PARIGI
Dietro ai movimenti di Bercy c’è una chiara strategia di respiro internazionale delineata sin dal vertice dell’Eliseo. Tuttavia la proposta francese di riassetto della sicurezza economica non si limita alle faccende di casa. Vuole bensì portare sulla stessa strada i principali partner Ue, nella convinzione che la congiuntura internazionale, e in particolare l’assertività dell’amministrazione Usa sul caso iraniano e il dossier Huawei, abbia suonato un campanello d’allarme per l’Europa.
Due in particolare le direttive di questa azione di advocacy del Sisse, scrive Les Echos: “bloccare il Cloud Act (Clarifying Lawful Overseas Use of Data (Cloud Act, ndr) e le indagini extra-territoriali americane”. Quanto a queste ultime, il governo francese vuole convincere la Commissione Ue della bontà di una “loi de blocage” europea sulla scia di un omologo testo in discussione al Parlamento francese. La proposta di legge, ad oggi arenata nell’emiciclo parigino, prevede multe tra i due e i dieci milioni di euro per chi i dirigenti d’azienda che trasmettano a giurisdizioni straniere informazioni in grado di ledere la sicurezza nazionale. L’Europa ci aveva già provato nel 1996 con il “regolamento di blocco” già all’epoca ideato per limitare gli effetti delle sanzioni extraterritoriali Usa sull’Iran. Il regolamento però “è rimasto lettera morta”.
Anche in questo caso, evidenzia Soi, ci si trova di fronte a una novità per Parigi, che prende coscienza di come il cyberspace abbia mutato anche le relazioni internazionali. “Il fatto che un Paese tradizionalmente molto arcigno dal punto di vista della difesa delle sue prerogative nazionali, la Francia, voglia fare affidamento su Berlino e Londra per giocare da protagonista, rende bene il paradosso al quale da tempo assistiamo. Ovvero che per difendere la sicurezza nazionale nell’era digitale è necessario cedere quote di sovranità”.