Nel 1996 Samuel Huntington scrisse un corposo saggio, titolo italiano “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”, destinato a lasciare una lunga traccia nel dibattito pubblico mondiale. Polemica per un buon numero ma anche osannante per un altrettanto numerosa moltitudine.
La tesi, a farla brevissima, era questa: nella nuova era globalizzata i conflitti non sarebbero stati più generati dalle ideologie politiche o dall’economia o dalla finanza, ma solo dalle culture e dalle identità religiose. A scorrere le immagini delle nostre metropoli invase dall’immondizia (che, a ben pensarci, ha la stessa radice di immondo, aggettivo che evoca cose brutte a tal punto da essere indemoniate), verrebbe da riflettere sul titolo del libro di Huntington con qualche lieve correzione: “Lo scontro delle inciviltà e il nuovo disordine metropolitano”. Già, perché quello che stiamo vivendo a Roma – ma la questione dell’emergenza immondizia è, purtroppo, assai più diffusa, solo che Roma è la capitale, il sole è a livelli africani e, se qualcuno ci fa un video, si chiama Ozpetek – è uno scontro di inciviltà parallele: quella di chi governa ma anche quella di chi è governato.
Dell’inciviltà del governato abbiamo già detto da queste colonne: è riprovevole e meriterebbe sanzioni pesanti. Dell’inciviltà del governante si potrebbe dire altrettanto nella logica gloriosa dell’ “uno vale uno”, che, in fondo dice: cittadino, perché mai mandare al governo della tua metropoli un prodotto della politica che si sa che è una casta di parassiti? Mandiamoci uno qualunque, uno come te. Potresti essere tu, così da domani tutte quelle idee geniali che ti vengono al bar la mattina, bevendo il caffè corretto e trangugiando maritozzi con la crema, le metti in pratica e vedrai come gira bene, finalmente! Così è andata e l’applicazione dell’algoritmo ‘’uno vale uno “ ha prodotto il risultato. Dunque scontro di inciviltà, perché non siamo tra le cose civili quando alla domanda di competenza che sorge dalla Costituzione (art.54, secondo comma) si risponde con l’ignavia dell’impreparazione!
Solo che anche l’essere cittadino comporta delle responsabilità. Tra cui c’è, appunto, oltre quella della civiltà dei comportamenti (persino il “conferimento dei rifiuti” come è detto con prosa aulico-burocratesca, comporta bon ton e attenzione a differenziare), anche quella della scelta consapevole di chi mandiamo a rappresentarci. Ma torniamo al carico che è sulle spalle di chi amministra. Una persona mi ha posto un problema non banale: è possibile che se qualcuno al governo sbaglia e provoca danni economici e finanziari alle nostre città e, su scala più grande, al Paese, non debba pagare mai, nel senso di rifondere il danno? Quesito serio, non c’è che dire. Per ora l’unica sanzione conosciuta è quella del voto.
Oltre il ritiro del consenso, una cosa, però, si potrebbe fare: una bella legge sul rating dei servizi pubblici. Aiutato dalle risorse digitali ogni cittadino potrebbe esprimere il suo giudizio sui servizi pubblici finanziati col pagamento delle tasse – ovviamente potendo dimostrare di averle pagate – . Se il giudizio generale, poniamo, del servizio di raccolta rifiuti, fosse scarso, ogni cittadino avrebbe il diritto di veder ridotta la tassa per quel servizio in modo corrispondente. Qualcosa del genere già avviene con Trenitalia quando il ritardo dei treni supera la mezz’ora, con il riconoscimento di un credito corrispondente al danno ricevuto. Troppo complicato? Ma no: è solo questione di algoritmi. Una volta tanto usati bene.