Sono lontani i tempi in cui un elettore su tre votava Forza Italia. Oggi il partito è in evidente affanno e nelle ultime consultazioni si è attestato intorno al dieci per cento dei voti. A volte sembra che le previsioni più fosche di chi aveva ipotizzato un declino di Forza Italia parallelo a quello del suo leader, in quanto tipico esempio di “partito personale” (per dirla con il politologo Mauro Calise), stiano per avverarsi. Berlusconi, che come un Crono che divora i figli ha annullato sul nascere ogni velleità di successione dei suoi delfini, sembra ora non dominare più la barca. Oltre alle confliggenti aspirazioni personali di leader e leaderini, sembra che sia lui in persona a non avere un’idea di futuro per il partito. La quale idea presupporrebbe di sciogliere il nodo di fondo che blocca oggi Forza Italia: come comportarsi con Matteo Salvini, che è ormai il leader assoluto del centrodestra italiano? Assecondarlo, e quindi proporsi come la minoritaria gamba “liberale” di una coalizione a forte tinta “sovranista” e guidata da lui, oppure virare decisamente al centro, lambendo anzi persino le sponde del centrosinistra più o meno “renziano”?
I due coordinatori nazionali, nominati una decina di giorni fa, cioè Giovanni Toti e Mara Carfagna, rappresentano proprio le due posizioni contrapposte: tanto diverse che una sintesi sembra impossibile. In particolare, è il governatore della Liguria colui che sembra più deciso a seguire comunque la sua strada. Dentro o fuori Forza Italia. Anche se prevista da tempo, Toti ha infatti confermato la convention dei suoi domani a Roma al Teatro Brancaccio: “Italia in crescita”, sarà il titolo, fortemente evocativo di auspicabili scenari politici ed economici.
“Berlusconi non mi ha chiesto di cancellare l’incontro, c’è esigenza di un dibattito e di un confronto di idee”, ha detto Toti all’uscita del vertice odierno a Palazzo Grazioli con l’ex cavaliere e con Mara Carfagna. La quale però ha precisato che lei domani al Brancaccio non ci sarà. Questa assenza, a mala pena coperta da qualche parola di circostanza, conferma che la battaglia nel partito è all’ultimo sangue. L’impressione è che, essendo in molti coloro che sarebbero disposti a seguire Toti qualora decidesse di, o fosse costretto a fare, le valigie, Berlusconi, che non sopporta molto Salvini, e che di suo non accetterebbe mai di essere il secondo in una coalizione, pur di evitare un’implosione della sua creatura sia stato stamattina costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Nei giorni scorsi, come riferisce Tommaso Labate sul “Corriere della Sera”, egli aveva più volte affermato che non gli piaceva il modo in cui si stava muovendo e comportando “Giovanni”. In altri tempi, forse Toti sarebbe già stato messo fuori dal partito. Il fatto che non lo sia già da solo dimostra che il tempo di Berlusconi, anche se lui non se ne fa una ragione, è ora quello della storia e non più della politica attiva.