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Parisi, Carfagna, Cattaneo, Rotondi. Ecco chi lavora al centrodestra non truce

Esiste ancora in Italia una destra “non truce”?. Cioè una destra non salviniana, liberata dall’abbraccio morbido e letale con cui il Carroccio ha fatto sparire il centrodestra che fu?. Il copyright è de Il Foglio, che con il direttore Claudio Cerasa sabato scorso ha lanciato un appello: “In nessun paese d’Europa esiste una destra non truce in difficoltà come lo è in Italia e fino a quando non si avrà il coraggio di studiare fino in fondo questo fenomeno l’Italia sarà condannata a essere l’unico grande paese dell’Europa continentale ad avere, in cima alla sua piramide del consenso, una destra pericolosa, dannosa, statalista, xenofoba e persino illiberale”.

La sfida sembra babilonica, a leggere i sondaggi. Forza Italia, mentre si allaccia le cinture per incassare la scissione di Giovanni Toti e rilanciare “L’Altra Italia”, sprofonda nei sondaggi. La Lega sfiora quota 40%, doppiando e triplicando le percentuali di Pd e Cinque Stelle. Ma, dice Cerasa, “lo spazio c’è, il sogno è possibile e le idee non mancheranno”. Come non mancano i precedenti. En Marche, il movimento che ha portato Emmanuel Macron all’Eliseo, nasce in fondo come costola del Partito socialista in rovina. Oggi governa, resiste, ed è anche pivot degli equilibri politici a Strasburgo.

L’anomalia italiana sta nell’assenza, anzi nell’irrilevanza di un centrodestra moderato, che altrove in Europa ha resistito all’urto dell’ondata sovranista. C’è campo per recuperare? Presto per dirlo, ma intanto si allarga la schiera di chi vuole capitanare l’operazione. Mara Carfagna è tra i nomi in pole. Da tempo chiede alla dirigenza di Forza Italia una svolta identitaria che smarchi il partito dalla morsa salviniana. E invece suo malgrado deve constatare, scrive firmando l’appello di Cerasa, che la proposta politica del centrodestra “è confusamente schiacciata su un’unica agenda politica e persino su una sola estetica: quella del leader della Lega”.

Con lei per la rinascita di un centrodestra liberale si schiera l’azzurro Alessandro Cattaneo. Il bivio è chiaro, spiega il giovane deputato: “Un liberale non sarà mai un nazional-populista: quindi decliniamo i nostri valori e rifuggiamo il populismo e il sovranismo ogni qual volta ci verranno posti come condizioni politiche necessarie ed esclusive”.

Firma Stefano Parisi con le sue Energie per l’Italia, che guarda a Berlusconi, “può essere d’aiuto in questo lavoro mettendo a disposizione il suo consenso popolare”. Anche la vecchia guardia azzurra aderisce all’appello. Per Gianfranco Rotondi serve un’iniziativa “capace di parlare all’Italia che non vuole consegnarsi al governo Salvini”.

L’alternativa a Salvini non si può costruire nelle segreterie di partito. Con faide e scissioni atomiche finisce che gli eletti divengono meno degli elettori. I più acuti osservatori della politica concordano almeno su questo: per lanciare il guanto di sfida al “Capitano” e guidare un fronte moderato servono anzitutto personalità forti, capaci, comunicative, non ideologiche. Carfagna, per l’appunto. O magari Urbano Cairo, il patron di La7 e del Corriere della Sera che da tempo è dato sull’orlo di una discesa in campo, come fece Berlusconi nel ’94.

Peppino Caldarola su Linkiesta aggiunge altri due nomi: Maurizio Landini e Carlo Calenda. Il leader della Cgil “sa riportare i temi del lavoro e della sofferenza del Paese al centro della discussione senza retorica” ed è l’unico “che ostacola le avventure extra-istituzionali di Salvini trattando solo con il premier”. Anche Calenda potrebbe avere il quid: “è il borghese più intelligente nell’opporsi con argomenti seri a Matteo Salvini senza farsi troppo ingoiare dalle pagliacciate del ministro.


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