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Strage di Bologna (e non solo). Caligiuri: perché desecretare le carte del centro Sismi di Beirut (1980)

Dopo più di un anno dalla loro pubblicazione, i media nazionali si sono accorti di due documenti inediti versati dai servizi segreti italiani negli atti del processo sulla strage di Piazza della Loggia.

Infatti, il materiale documentale di cui si sta discutendo in questi giorni è stato pubblicato nella primavera scorsa per la prima volta nel saggio “Il Lodo Moro. L’Italia e la politica mediterranea. Appunti per una storia” dello storico Giacomo Pacini all’interno del libro “Aldo Moro e l’Intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere”, edito da Rubbettino e da me curato. Il volume è inserito nella Collana del Laboratorio sull’Intelligence dell’Università della Calabria. Il libro è stato presentato in anteprima nazionale il 9 maggio 2018 alla Camera dei Deputati nella sala “Aldo Moro” in occasione del quarantesimo anniversario dell’assassinio dello statista democristiano.

​I documenti sono costituiti da due note inedite del Centro Sismi di Beirut prodotte dal colonnello Stefano Giovannone il 24 aprile 1980 e il 12 maggio 1980. In queste note si parlava del concreto rischio che l’Italia potesse subire delle “operazioni a carattere intimidatorio” da parte di un’ala oltranzista del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina se il governo non avesse ottemperato a una serie di richieste. Tra queste, in primo luogo l’anticipazione  del processo di appello per il dirigente del Fplp Abu Anzeh Saleh, che era stato arrestato nel novembre del 1979 assieme a tre esponenti dell’Autonomia Romana trovati ad Ortona in possesso di due missili Sam-Strela.

​Nella nota del 24 aprile 1980 Giovannone riferiva di un suo incontro con un rappresentante del Fplp di cui non viene riportato il nome. L’esponente palestinese aveva richiesto che la pena inflitta ai tre autonomi venisse ridotta e Saleh fosse assolto. Per quanto riguardava i missili sequestrati a Ortona, l’uomo del Fplp aveva affermato di rendersi conto che ormai era impossibile ottenerne la restituzione, ma chiedeva che essi fossero distrutti per evitare che americani o israeliani ne venissero in possesso. In tal caso però il Fplp “si riserva di chiedere il risarcimento del prezzo pagato di 60.000 dollari”. “L’interlocutore [di Giovannone]” inoltre ha ​“dichiarato che, qualora la comunicazione da parte italiana, attesa entro il 15 maggio prossimo venturo, fosse negativa o non desse sufficiente affidamento circa l’accoglimento delle richieste avanzate, il Fplp riterrà definitivamente superata la fase del dialogo, passando all’attuazione di quelle iniziative già reiteratamente sollecitate dalla base e da una parte della dirigenza”.

Ancora più esplicito è il successivo appunto del 12 maggio 1980 nel quale si riferiva di un nuovo incontro tra Giovannone e un membro del Fplp. L’esponente palestinese, dopo aver chiesto che gli fosse consentito di venire in Italia per visitare Saleh in carcere, ribadì che se entro il 16 maggio il governo italiano non avesse dato garanzie sulla sorte degli arrestati di Ortona, il Fplp avrebbe ripreso “la propria libertà d’azione nei confronti dell’Italia, dei suoi cittadini e dei suoi interessi, con operazioni che potrebbero coinvolgere anche innocenti”.

​I due documenti in questi giorni hanno provocato accese discussioni in quanto c’è chi ha ritenuto che essi siano da mettere in relazione con la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Infatti, viene considerato che tale eccidio abbia rappresentato  la ritorsione preannunciata dai palestinesi. Ciò rappresenterebbe una smentita alla spesso contestata verità giudiziaria, visto che per quella strage sono stati condannati con sentenza definitiva i tre militanti dell’organizzazione neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, i quali però si sono sempre dichiarati innocenti. Questa versione alternativa, che riscriverebbe la storia della strage, è stata però sempre duramente contestata da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione fra le Vittime dell’eccidio del 2 agosto. Di essa aveva parlato già nel 2005 Francesco Cossiga, che all’epoca dei fatti era Presidente del Consiglio, sostenendo che in relazione alla strage di Bologna “rimane il dubbio più grave, e fu la prima ipotesi investigativa presa inizialmente in seria considerazione anche dalla procura della Repubblica di Bologna, che si sia trattato o di un atto ritorsivo di terrorismo arabo o della fortuita deflagrazione di una o più valigie di esplosivo trasportato dai palestinesi ”.

In realtà, una connessione del genere è, a oggi, ancora indimostrata ma i documenti sono oggi in grado di leggerli tutti. Questa circostanza, indipendentemente dalla vicenda di Bologna, rende a questo punto improcrastinabile, secondo me, la declassificazione se possibile dell’intero carteggio del centro Sismi di Beirut nell’estate del 1980. Infatti, le due uniche note liberamente consultabili e che sono appunto citate nel puntuale saggio di Pacini, costituiscono solo una piccola parte della documentazione esistente e che sarebbe di grande importanza conoscere. Non a caso lo studioso britannico Christopher Andrew ritiene che nelle vicende umane l’intelligence rappresenti “la dimensione mancante della storia”.

Mario Caligiuri

(Foto: strage di Bologna Wikipedia)



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