Non ci sono segnali di calma da Hong Kong. Anzi, la situazione rischia di degenerare. Durante le ultime manifestazioni a Tsuen Wan, a circa 10 chilometri dal centro della città, un agente della polizia ha sparato un colpo di pistola contro i manifestanti, scatenando gli scontri con le forze dell’ordine. Sono stati lanciati gas lacrimogeni ed usati, per la prima volta, gli idranti per contenere le proteste.
Intanto, il governo di Hong Kong ha voluto condannare i disordini registrati durante la giornata di ieri nel distretto di Kowloon, sostenendo che si è trattato di “atti vandalici e violenti compiuti ieri dai manifestanti”. Sono state arrestate 29 persone.
Il portavoce della Regione Amministrativa Speciale dell’isola ha annunciato che aumenteranno le pressioni: “Le autorità perseguiranno tutti gli atti considerati illegali per interrompere le violenze, il lancio di bombe molotov e l’attacco agli agenti della polizia con mattoni”. Sulle polemiche che riguardano il danneggiamento dei “lampioni intelligenti”, ha sostenuto che i lumi non svolgono alcuna funzione di riconoscimento facciale e non violerebbero la privacy personale, ma sono stati installati solamente per raccogliere dati sulla città come quelli relativi al traffico e la qualità dell’aria”.
Intanto, la dimensione della crisi di Hong Kong si allarga: circa 300 cinesi residenti in Germania si sono radunati ieri a Francoforte per chiedere la fine delle proteste a Hong Kong, sventolando bandiere cinesi e tedesche e cartelloni con slogan “Stop alle rivolte a Hong Kong” e “Amo la Cina, amo Hong Kong”. Il mondo comincia a puntare gli occhi sul territorio autonomo nel sudest della Cina.
E la situazione prende spazio nel dialogo tra i leader mondiali al G7 di Biarritz. La Casa Bianca ha confermato che nell’incontro tra il presidente americano Donald Trump e il premier canadese Justin Trudeau si è discusso sull’impegno per un “esito pacifico delle proteste a Hong Kong che rispetti la libertà di espressione e di assemblea”. Così come hanno parlato del loro sostegno “per il ruolo della legge e per chiedere conto alla Cina delle sue ingiuste pratiche commerciali”.
Ugualmente, nella riunione tra Trump e il premier britannico Boris Johnson si sono confrontati su questioni di sicurezza di reciproco interesse, specialmente la minaccia iraniana alla libertà di navigazione nel Golfo, la rete 5G, Huawei, l’instabilità in Libia e, appunto, le tensioni a Hong Kong. La crisi dunque darà ancora filo da torcere.