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Da Cenerentola a protagonista. Quale strategia per i fondi europei

Governo sì, governo no, governo forse. Nella discussione agostana sulla possibile nascita di un governo M5S-Pd c’è un grande assente. Manca un accenno alla strategia per accelerare la spesa delle risorse europee a rischio disimpegno e come impostare il futuro della politica di coesione nel nostro Paese.

Se Zingaretti nei suoi cinque punti ha parlato molto genericamente di “leale appartenenza all’Unione europea”, Di Maio nei suoi dieci punti si è avvicinato di più quando ha citato un “piano straordinario di investimenti per il sud”, ma entrambe i leader hanno completamente trascurato la politica di coesione.

Per il periodo 2014-2020 l’Italia, che è il secondo percettore di risorse comunitarie, ha a disposizione circa 75 miliardi di euro. Si tratta di fondi strutturali (53 mld) e fondi di investimento dedicati all’agricoltura ed alla pesca (22 mld). Una pioggia di risorse comunitarie che il nostro Paese, storicamente, non riesce a spendere in modo efficace e che invece sarebbe molto utile anche per la realizzazione di vari punti presenti nei programmi dei due leader.

Nonostante l’accelerazione e la pubblicazione dei target di spesa, che erano stati “dimenticati” negli ultimi anni, la situazione della spesa dei fondi europei 2014-2020 ad oggi resta preoccupante; infatti secondo i dati della Commissione europea entro il prossimo 31/12/2019 debbono essere spesi 3,24 mld di euro pena il disimpegno della parte di risorse non spese (regola dell’N+3).

I maggiori responsabili di questa situazione sono le Regioni che arrancano nel produrre la spesa.

Esaminando i dati emerge che la Regione Puglia è quella con il più elevato importo da rendicontare, infatti deve spendere da sola oltre 549 mln, seguita dalle Regioni Sicilia con 455 mln, Campania con 435 mln e Calabria con 179 mln.

La stessa Regione Lazio deve ancora spendere oltre 144 mln di euro.

Sul fronte dei ministeri titolari di programmi europei la situazione non è migliore, infatti i dodici programmi gestiti a livello centrale devono ancora produrre spesa per 1 mld.

Se si guardano i dati del Fondo di Sviluppo e Coesione, le risorse nazionali aggiuntive che dovrebbero contribuire alla politica di coesione e che ammontano a circa 32 mld, la situazione è ancora peggiore, visto che i dati di certificazione sono fermi ad un misero 1,5%.

L’improvvisa crisi di governo e le difficoltà per uscirne rischiano di aggravare una situazione di per sé già cronica, proprio in un momento in cui sarebbe stata necessaria una forte accelerazione. Lo stallo in atto sta già producendo conseguenze negative anche sulla designazione della figura del prossimo Commissario europeo che dovrà essere espresso dall’Italia.

Avere un governo stabile ed un Commissario “di peso” sarà fondamentale anche in sede di negoziato per l’assegnazione delle risorse comunitarie della politica di coesione 2021-2027.

Quale che sia la scelta che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella riterrà opportuno fare, sarà fondamentale che il nuovo governo comprenda l’importanza delle risorse europee per lo sviluppo delle nostre regioni ed abbia la determinazione per procedere ad una riforma generale della governance dei fondi europei, avendo finalmente il coraggio di pensare a strumenti istituzionali sostitutivi in caso di inerzia delle amministrazioni.

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