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Non solo Ilva, mini guida agli stabilimenti siderurgici in Italia

Ilva: è il più grande stabilimento europeo e la “madre” della siderurgia italiana, tanto che deve il suo nome alla versione latina dell’Isola d’Elba, da cui si estraeva l’acciaio nell’antichità. Nata sulle ceneri dell’Italsider, è costretta a chiudere definitivamente la sede di Genova nel 2005 dopo polemiche sulla mortalità. A Taranto ha un indotto di circa 200 imprese, con un possibile impatto occupazionale di circa 40.000 persone, è una stima dell’azienda.

Lucchini: condivide con l’Ilva l’aver avuto a guida Enrico Bondi, che trasforma nel 2003 la Spa in una holding, prima del passaggio nel 2005 ai russi di Severstal. Occupa circa 3.200 dipendenti, dal dicembre 2012 è in amministrazione straordinaria sotto Piero Nardi. Dal gennaio di quest’anno dichiarata insolvente dal Tribunale di Livorno, sotto tutela della Legge Marzano.

Ferriera: chiamata l’Ilva del Nord-Est per le stesse accuse di inquinamento ambientale e di rischi per la salute, occupa circa 500 dipendenti più 300 dell’indotto. Resta l’unico sito a produrre ghisa in Italia.

Ast Terni: dopo diversi passaggi di proprietà finisce nelle mani finlandesi di Outokumpu, che però ora deve venderla per obblighi di Antitrust Ue. Due le offerte, ma un futuro molto incerto, appesantito da perdite di gestione da 10 milioni di euro al mese. L’ultimo piano presentato a febbraio parla di 140 esuberi, 100 ricollocamenti su oltre 2.270 dipendenti.



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