Agli adulti dico “studiamo”. Diamo l’esempio ai giovani, alla ministro e al governo dico: facciamo grande opera per il paese di restituire la possibilità ai troppi che non hanno potuto, di studiare ora. Le statistiche ci penalizzano anche su questo punto.
Perchè semmai il tema che mi fa battere il cuore: giusta è una società che ha diviso l’età dello studio dall’età adulta e non ha restituito e previsto momenti per compensare le storie del passato? Anche durante anni del benessere. La scuola non è solo per i giovani. Altrimenti discrepanze generazionali dilagano.
Molti genitori hanno fatto studiare a lungo i propri figli, licei, master, lauree, perché in parte prendessero anche la loro. E trovo che in questo ci sia stato qualcosa che non ha funzionato. Era giusto potessero averla (anche) loro senza caricare di aspettative le future generazioni.
Libere dunque queste anche di fare i loro percorsi, esperienze, e magari professioni. E di poter poi tornare agli studi. Questo Paese deve sbloccarsi a partire da questo tipo di mentalità.
Mestieri trascurati. Saperi tralasciati. È stato il risultato, della spaccatura in due.
Un Paese che ha nella storia, bruscamente, voltato pagina: dai latifondisti ai villaggi di operai, perdendo anche occasioni lungimiranti per essere il paese del terziario avanzato, del capitale umano, delle imprese che domandano competenze; assiste oggi quotidianamente a figli che vanno a studiare fuori senza riuscire ad essere altrettanto competitivi nell’attrarre i cervelli, i giovani, le e i top manager, le sfide del futuro, i nuovi settori trainanti. Mercati vecchi, stanchi, secondari di un mondo globalizzato. Produttori di picchi di eccellenza. Con un ascensore sociale che non fa più fermate ai piani. Ma si ferma quando capita, e così chi riesce a salire viene investito dalle invettive di chi fa le scale.