“Mamma stasera alla notte gialla ci sono gli Autogol, seguili su Instagram”. “Mamma gli Autogol cominciano ad esibirsi alle una di notte. Io rientro alle tre”. “Babbo io non ho rifatto il letto perché non lo so rifare”.
Queste sono solo alcune delle ultime frasi di mio figlio dodicenne, già in quella fase parecchio burrascosa della vita che si chiama adolescenza. Gli adolescenti rispondono male ai genitori, hanno poca o punta voglia di sgobbare sui libri, avanzano pretese assurde tipo tornare alle tre di notte, dicono qualche bugia e, soprattutto, in una società estremamente accelerata ed iperconnessa come la nostra, mostrano difficoltà nel concentrarsi e nel prestare attenzione.
15 secondi, il tempo di una storia su Instagram, è il loro tempo disponibile.
Sebbene l’adolescenza sia sempre stata un periodo difficile, oggi noi genitori siamo ancora più in difficoltà rispetto a prima. E sicuramente lo sono anche gli insegnanti. Incuriosire ed appassionare gli studenti alla storia di Renzo e Lucia, piuttosto che alle espressioni matematiche o alla composizione chimica dell’acqua non è mai stato facile, ma nell’epoca degli youtuber e di Fortnite, dell’iPod e dell’ howerboard (il monopattino elettrico), è un’impresa veramente ardua.
Poi ci sono le legittime preoccupazioni del fumo, dell’alcool e della droga, delle buone e cattive compagnie e delle così dette “dinamiche di gruppo” che spingono a fare cose impensabili, in contesti e momenti diversi.
Come scrive la Lucarelli, noi genitori siamo ostaggi di questi adolescenti, indecisi se usare il bastone o la carota, se essere rigidi o flessibili, se lasciare andare le polemiche o tenere il punto. L’unica certezza è che, fra qualche anno, l’adolescenza finirà e noi, finalmente, saremo alive.