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Alberta Laschena. Lobbista? Un lavoro da secchioni

I salotti di “quelli che contano” con i tappeti persiani e i quadri del ‘700 non sono l’habitat naturale del lobbista. Lo sono invece, o dovrebbero esserlo, le meste sedute di ginnastica posturale per tentare di frenare il processo di accartocciamento dei muscoli, conseguenza delle ore di scrivania e computer necessarie per studiare i dossier dei clienti. Niente di drammatico, ovviamente. Giusto per dire che fare il lobbista è un lavoro di ufficio, molto più che un lavoro di relazioni.

Per la rubrica Lobby Non Olet di Telos A&S ne abbiamo parlato con Alberta Laschena, lobbista della società di consulenza Kreab, di Bruxelles. Alberta ci ha raccontato come svolge la sua professione: “Dal mio punto di vista il lobbista è un lavoro prima di tutto di studio. Bisogna capire lo scopo dell’intervento delle istituzioni e qual è la posizione del cliente. Capire come portarla avanti e se portarla avanti, e in questo senso consigliare il cliente. E poi, una volta che si ha una conoscenza del file, si mette in atto una strategia che può prevedere l’incontro del cliente con le istituzioni”. Guarda la video intervista ad Alberta Laschena.

Dunque l’incontro, l’appuntamento con il politico o, come lo chiamiamo noi lobbisti, con il decisore pubblico, è l’ultima fase di un processo incentrato sulla “secchionaggine”: studiare, capire, preparare una strategia per poi andare dal politico o dal rappresentante di un’istituzione con una proposta concreta.

L’ho scritto e detto mille volte, forse duemila: il mestiere del lobbista funziona così, con buona pace della sua affascinante narrazione mediatica che ci dipinge come manipolatori da salotto. Non che questa categoria non esista. Anzi è viva e vegeta. Ma, chi fa seriamente questo mestiere, ci tiene a buttarla fuori dal campo semantico. Per anni abbiamo fatto il contrario. Siamo stati noi lobbisti a rinunciare alla parola “lobby” lasciandola, per così dire, in gestione a faccendieri, maneggioni e intrallazzatori. Noi ci siamo rifugiati in eufemismi, come public affairs o relazioni istituzionali. Un’excusatio non petita detestabile, a mio avviso, perché si declina subito in una accusatio manifesta. Una solenne e dolorosa zappata sui piedi, insomma. Meglio evitare e tirare fuori un po’ di orgoglio, perché lobby non olet.


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