L’ultimo atto del governo Conte è stato approvare il decreto-legge che regola il lavoro dei rider. I ciclofattorini del food delivery, la prima priorità di Di Maio allora ministro del Lavoro, sono oggi il primo banco di prova della maggioranza giallorossa del governo Conte Bis che, nei prossimi giorni, dovrà convertire in legge il decreto-legge varato dalla precedente maggioranza gialloverde. Intanto oggi l’esecutivo ha trovato un accordo sull’emendamento da presentare in Aula. “L’emendamento, che sarà presentato al cosiddetto Decreto Crisi al Senato – ha detto la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo -, prevede per i ciclofattorini impiegati in maniera continuativa le tutele del lavoro subordinato mentre per coloro che lavorano in maniera occasionale un pacchetto minimo di diritti inderogabili (divieto di cottimo, paga minima oraria collegata ai Ccnl, salute e sicurezza, tutele previdenziali) a cui può affiancarsi una regolamentazione specifica tramite la stipula di contratti collettivi”.
“Siamo molto preoccupati” ci dice Matteo Sarzana, presidente di AssoDelivery, l’organizzazione che rappresenta le piattaforme di food delivery che operano in Italia, “perché il dialogo con il governo è fermo da molti mesi e c’è il rischio di una normativa restrittiva che non tenga conto delle reali necessità dell’industria e dei lavoratori. Dalle informazioni in nostro possesso c’è il rischio che si distrugga l’industria italiana del food delivery”.
Non crede sia necessario un intervento regolatorio?
Certo. Ma deve essere bilanciato, tenendo in considerazione le necessità dei lavoratori e delle imprese, mentre c’è il rischio che si basi su informazioni parziali. Il decreto-legge in conversione prevede un meccanismo che limita i compensi dei rider, perché vuole assicurare la “prevalenza” di una quota fissa dei compensi, a fronte di un corrispettivo orario da riconoscere già dalla prima consegna. Questo va contro l’interesse dei rider che in questo modo vedranno ridursi i loro compensi, secondo le nostre stime, nella misura del 40%.
Dovrebbe essere il contrario…
Questo è un settore innovativo e va compreso bene. Occorre una normativa all’avanguardia, una regolamentazione leggera che permetta alle imprese di investire, di crescere e di riconoscere sempre maggiori tutele ai propri collaboratori autonomi, come sta avvenendo in Francia.
Si dice però che i lavoratori siano sfruttati e sottopagati.
Mi permetta di fare chiarezza. Il food delivery è un’industria legale, nella quale le piattaforme che aderiscono ad AssoDelivey [ndr. Deliveroo, Glovo, Just Eat, Social Food e Uber Eats] operano nel massimo rispetto della legalità, con contratti regolari. È un’industria nuova che presenta nuove sfide che devono essere comprese dal legislatore, a cominciare dai motivi per cui cui si opera nell’ambito del lavoro autonomo, anzitutto a vantaggio dei collaboratori delle piattaforme che possono scegliere quando, quando, dove e come svolgere le consegne.
Mi spieghi meglio.
Quando le piattaforme del food delivery non esistevano, le consegne venivano svolte principalmente in nero. Le piattaforme hanno dato legalità a un settore che prima viveva soprattutto nel sommerso. Oggi ci sono 20 mila collaboratori che fanno questo lavoro, nella maggior parte dei casi per meno di 6 mesi. Sono ragazzi che stanno studiando per laurearsi, che con i compensi si pagano una vacanza e che non desiderano essere assunti. Sono padri e madri di famiglia che hanno già un lavoro e integrano le loro entrate attraverso questa attività. Queste due categorie rappresentano oltre il 75% delle collaborazioni esistenti.
Eppure sono tanti a lamentarsi…
Nel food delivery, come in tutto il Paese, c’è una maggioranza silenziosa di persone soddisfatte che non escono frequentemente sui giornali. In questi giorni alcuni rider hanno raccontato la loro storia, alcune di esse davvero interessanti: c’è chi guadagna 3000 euro al mese tramite contratti a partita iva. Non sono casi isolati.
Altri rider sostengono il contrario…
Come AssoDelivery abbiamo chiesto a una società indipendente come Swg di rivolgere alcune domande ai rider che collaborano con le piattaforme italiane e il risultato non ci sorprende: la stragrande maggioranza è molto soddisfatta di fare questa attività, mentre solo l’11% dei rider non lo è. Una percentuale bassissima. I rider soddisfatti sono una maggioranza significativa che ci convince a continuare a lavorare con la responsabilità che abbiamo avuto fino ad ora.
D’accordo, ma la loro sicurezza non dovrebbe una priorità delle piattaforme?
Infatti lo è. Tutte le piattaforme di AssoDelivery forniscono ai propri collaboratori assicurazioni che coprono gli infortuni e i danni verso terzi. Ripeto, tutte le piattaforme di AssoDelivery. Purtroppo c’è stata molta disinformazione ed è giunta l’ora di fare chiarezza.
Secondo lei, cosa altro è emerso di falso nella discussione?
Il tema dello sfruttamento. È un falso gigantesco. Mi faccia parlare per Deliveroo, la società che dirigo in Italia. I nostri rider ricevono un compenso medio di 11 euro l’ora. Questo è sfruttamento?
Si ma lei parla di compenso medio…
Esatto perché dipende da quanto e quando desiderano collaborare per la piattaforma. Nelle sere dei weekend si possono fare più consegne in un’ora e si può guadagnare il doppio della media. Mentre alle 4 di pomeriggio la domanda di cibo è minima. Questo è l’aspetto principale che ci distingue dal business della logistica. Noi non consegniamo pacchi da un magazzino dalle 9 del mattino alle 5 di pomeriggio. Il cibo pronto si consegna a pranzo e a cena e il modello di business si è adattato a questa caratteristica dell’industria.
Il Parlamento avvierà in questi giorni la discussione sulla conversione del decreto-legge. Siete favorevoli a questa misura?
Questa norma presenta ancora due grandi criticità che avranno un impatto negativo sulle imprese e sui lavoratori e sembra ci siano altre novità preoccupanti in arrivo.
Mi dica.
La prima riguarda il compenso dei rider, che in base al decreto-legge deve essere prevalentemente fisso su base oraria. Il concetto di “prevalente” determina un limite massimo ai compensi dei rider e ridurrà i loro guadagni. Non ne comprendiamo la ragione.
Alcuni rider chiedono l’abolizione del cottimo.
La maggior parte dei rider apprezza il sistema di calcolo dei loro compensi che premia il merito e il loro lavoro. Molti hanno avuto modo di rappresentarlo in questi giorni. Noi abbiamo sviluppato questo sistema in base ai riscontri ricevuti in questi anni proprio dagli stessi rider.
La seconda criticità?
È il meccanismo per il calcolo dell’assicurazione Inail. I nostri rider sono già assicurati per gli infortuni, ma se il legislatore ritiene giusto che si passi dalle assicurazioni private a quella pubblica, noi siamo pronti a farlo. Però il calcolo del premio assicurativo deve essere proporzionale al lavoro svolto. Il decreto-legge prevede un meccanismo distorsivo che secondo noi andrebbe corretto.
Tutto qui?
Se si volesse guardare al futuro, il modello di riferimento dovrebbe essere la normativa francese. Occorre superare la contrapposizione tra flessibilità e sicurezza, permettendo alle piattaforme di garantire maggiori tutele ai propri lavoratori con la flessibilità che i rider ci chiedono. In Francia è stato fatto. Perché non seguire la stessa strada?
Lei parlava anche di novità preoccupanti?
Sembra che siano in arrivo modifiche che interverrebbero negativamente sulla norma. Siamo molto preoccupati perché non c’è trasparenza e le imprese non sono coinvolte in questo processo. Sentiamo parlare di obbligo di subordinazione e di divieto di legare la retribuzione alle consegne effettuate, cioè al reale lavoro svolto cottimo. Avrebbero un effetto incredibilmente negativo sull’industria: 3 rider su 4 non sarebbero più disponibili e non avrebbero dunque la possibilità di continuare a svolgere questa attività. E i compensi netti scenderebbero dell’80%.
Quindi, cosa si aspetta dal governo?
Ci aspettiamo che si riapra il dialogo in modo strutturato, noi siamo sempre stati disponibili, e ci auguriamo che la conversione del decreto-legge non sia fatta in modo improvvisato. Siamo davanti a un’industria innovativa che sta creando ricchezza e occupazione in tante forme in un settore che continuerà a crescere: abbiamo 400 occupati diretti, collaboriamo con 20 mila rider e abbiamo un indotto di oltre 5 mila occupati. Senza dimenticare il business aggiuntivo creato nella ristorazione che, nel 2019, vale quasi 600 milioni di euro e che continuerà a crescere nei prossimi anni. Serve responsabilità e maturità per tutelare gli interessi dei lavoratori e delle imprese, evitando interventi restrittivi, non necessari e soprattutto dannosi, perché determinerebbero conseguenze negative non solo sulle imprese, ma anzitutto sui lavoratori. Il governo si apra all’innovazione e al mondo del lavoro che cambia.