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Perché serve un nuovo soggetto politico plurale. L’appello di Tarolli

È passato più di un quarto di secolo da quando si decretò la fine della cosiddetta Prima Repubblica: quella caratterizzata dal primato delle ideologie e dei partiti che la rappresentavano.

In quel passaggio si sognava di entrare nell’età dell’oro, dove l’Italia ne avrebbe tratto opportunità straordinarie e, liberatasi dall’oligarchia dei partiti, avrebbe raccolto frutti copiosi.

I fatti sono noti: i partiti tradizionali vengono travolti. Si afferma l’esperienza del partito del leader. Si sviluppa il bipolarismo con le barricate. E la situazione non migliora.
In aggiunta, veniamo investiti da una crisi economica e finanziaria i cui effetti vengono stimati superiori a quelli drammatici degli anni Venti del secolo scorso.

Il risveglio è davanti a noi, chiaro nella sua crudezza: la qualità della democrazia ha pagato prezzi alti. La povertà e l’assenza di lavoro cresciute a dismisura, soprattutto fra i giovani e nel Mezzogiorno. Le politiche familiari, scolastiche e universitarie, sulle quali si costruisce il futuro dei nostri figli, vengono compresse significativamente. La credibilità della politica sul fisco e sulle politiche di bilancio frana. Tanti sono i settori in cui ci sono solo macerie.

Se poi alziamo lo sguardo oltre l’Italia, l’instabilità e le disuguaglianze sono cresciute a dismisura, i fondamentalismi pure e con essi sono cresciuti i rischi per la Pace.

Si può ancora tergiversare? No! Occorre ricominciare! Da subito.

Dopo decenni di frammentazione e di irrilevanza riproponiamo l’obiettivo della “Unità Possibile”, “la più grande possibile”, come hanno sostenuto con lucidità i vescovi Mario Toso e Gastone Simoni.

Offriamo un Progetto Culturale, perché la Cultura sta a monte, viene prima, dei comportamenti. Che faccia rivivere il primato del Bene, in tutti gli ambiti, sia rispetto allo strapotere della tecnologia sia della finanza. L’importanza della cultura dei valori rispetto all’aridità del primato dei criteri, dei parametri e degli algoritmi. E ciò non come semplice e nostalgico ricorso alla riserva dei valori, ma come riproposizione di una simbiosi positiva e aggiornata fra natura, spirito e antropologia.

Alle tante esperienze dei movimenti e delle associazioni cristianamente ispirate, chiediamo di offrire il meglio di loro stessi.
Fra il ritiro nella testimonianza schiva e silenziosa e l’impegno di una testimonianza pubblica nell’arena della politica, chiediamo di riconoscersi nella seconda.

Non siamo nostalgici, né i detentori del verbo. Semplicemente uomini in “ricerca”, con quanto la stessa comporti.

Le storie del Partito Popolare e della Democrazia Cristiana sono storie straordinariamente uniche e proprio per questo non riproponibili.

Sentiamo il compito di farne rivivere l’eredità; che significa però fare un passo in avanti. Significa attingere da ciò che abbiamo avuto in dote e avere la lucidità e il coraggio di arricchire la nostra azione di idee nuove e di progetti aggiornati.

Sappiamo che dalle loro lungimiranti scelte politiche e dalla loro testimonianza l’Italia ha ereditato l’uscita dalla povertà e l’entrata nel novero dei Paesi più evoluti! La vittoria nei confronti della drammatica Esperienza Comunista! Essere stati promotori e fondatori della Nuova Europa! Traguardi di portata storica.

Ma ora il Mundus novus ci chiede qualcosa in più e ci impone sfide nuove! E quindi bisogna rispondere con idee e progetti nuovi e diversi, che l’ispirazione cristiana può aiutare a declinare.

Non si nasce contro qualcuno. Si nasce per costruire. Per portare un contributo concreto. Per ridare una speranza. Per cestinare la politica del narrare e della mera ricerca del consenso, e ritornare alla politica del fare e del costruire.

Si nasce per far vincere il bene e così contrastare il male, in tutte le sue sfaccettature: dai fondamentalismi religiosi che ci portano indietro nella storia; da tutti i radicalismi che, per loro natura, sono manichei; dall’individualismo senza freni che ha impoverito l’Occidente; dai populismi che non riconoscono le virtù dei corpi intermedi; dai sovranisti destinati a perdere la sfida con la Storia; dalle semplificazioni e dai nuovismi che nascondono pochezza e vacuità.

Dalle testimonianze di fede e dalla pratica delle virtù etiche, la comunità può trarre solo vantaggi e soprattutto può irrobustire la sua civitas.

Si nasce per colmare un vuoto. E riacquistare la centralità nel confronto culturale, nella progettualità del fare, nella visione del futuro, sia in Italia che in tutto l’Occidente, di cui la nostra Ue è parte integrante.

Per questo abbiamo concorso con Costruire Insieme (a partire dai Fazio, Marini, Bonanni), Politica Insieme (Infante, Becchetti, Zamagni) e Rete Bianca (Lucio Dubaldo, Dante Monda, Lorenzo Dellai, Sangiorgi) a predisporre e quindi a sottoscrivere un manifesto, come strumento che sappia intercettare e coinvolgere, in primo luogo i movimenti e le associazioni ora meritoriamente impegnate nel pre-politico, ma che veda protagonisti pure i partiti della galassia post-democristiana assieme a quelli di tradizione laica, liberaldemocratica e riformista.

Il manifesto sarà illustrato in appositi incontri in tutta Italia e al termine di questa operazione sarà organizzata una Assemblea nazionale costituente che sarà chiamata a deliberare su tutte le questioni inerenti il varo del nuovo soggetto politico.

L’ispirazione rimane ancorata nella dottrina sociale cristiana, ma l’operatività dovrà essere aperta a credenti e non; a popolari, laici, riformisti e liberaldemocratici, e praticare il metodo democratico utilizzando anche le nuove opportunità date dalla comunicazione social.

Questa impostazione si esprimerà attraverso il dialogo, che è più del semplice parlarsi, e che sappia esaltare la nostra soggettività e la nostra autonomia rispetto ai tradizionali schieramenti di centro-destra e centro-sinistra.

Il che non vuol dire ridursi ad essere “aventiniani” o solisti; né tanto meno limitarsi alla generosa testimonianza; ma avere la intelligenza di concorrere al governo delle istituzioni e quindi di praticare il metodo delle alleanze chiare, trasparenti e dal carattere programmatico.

Questo Paese ha bisogno di riscoprire il valore dello stare insieme. Il valore del remare nella stessa direzione sui grandi temi. Del praticare la quotidianità del fare comunità. Una ricchezza smarrita. Ma che ha fatto grande l’Italia. Partiamo dalla “Unità possibile” delle testimonianze popolari cristianamente ispirate, per mirare alla “Unità possibile”, “la più larga possibile” della nostra Italia.

È su questa base che abbiamo deciso di innescare un “processo”, non una “cosa” preconfezionata e che diamo avvio ad un percorso che dovrà essere di coinvolgimento territoriale e di elaborazione partecipativa ad un tempo. Per mettere in rete esperienze, culture e persone che richiederà pazienza ma pure intelligente tessitura.

Le cose da fare sono tante. La risalita è difficile, ma è alla nostra portata. Se sapremo tenere fermi i nostri punti di riferimento come la Costituzione e un moderno popolarismo, e fare della famiglia, dell’impresa e della comunità i nostri pilastri, il futuro potrà essere vinto.


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