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La generazione dei nonni e quella dei nipoti

Prologo. “Luigi c’è l’ha davanti, Michele c’è l’ha di dietro. Come fa povero Pietro che non l’ha né davanti, né di dietro?”. Così il nonno formulò il primo indovinello. Indovinello che non seppi indovinare. Fu sempre lui, dopo un po’, mentre si allungava il vino di pachino con la gazzosa da vero amante di slow food, a rivelarmi la risposta: “E’ la L Micheluzzo”. Fine del Prologo.

Vi sarà capitato di vedere persone anziane procedere con il busto inclinato in avanti e le mani a giuntarsi dietro la schiena. E’ tipica questa posa. Specie nei piccoli paesi dove l’anziano passeggia per rompere le giornate che, senza la passeggiata lunga a bassa andatura, non passerebbero mai. Magari con il nipote piccolo a complemento cui fare da babysitter. Il nonno welfare.
Chissà perché l’uomo, per tutta una vita, non fa altro che mettere le mani avanti contra fortuna, cerca di prendere, di dare, di ricevere e poi invece, vecchio, le tiene così salde e strette all’indietro.
Forse perché quelle braccia, portate indietro, altro non sono che i remi del naviglio che ha preso il giusto abbrivio per giungere all’approdo. Oppure semplicemente il segno di un disincanto tale verso quel tratto di vita che rimane per cui non ha più senso agitarle ancora. E così, mentre il nipotino è lì ad allungarsi per arrivare dove ancora i suoi arti non possono in virtù dell’istinto che lo porta a cercare il futuro, il nonno ha le braccia volte al passato. A guardarsi le spalle per “mantenere” che è spesso, agli occhi del saggio, meglio di qualunque attaccare.

Per ogni Luigi, che le mani le mette avanti, c’è un nonno Michele che le mani le tiene, strette, indietro. E’ la generazione dei padri, di quegli uomini fatti e finiti a essere, oggi, ridotta a generazione di tanti poveri Pietro. Che, le braccia, non sanno proprio dove metterle. Né davanti né di dietro.



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