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Perché il sindaco di Praga ha mandato al diavolo la Cina?

La residenza ufficiale del sindaco di Praga è un elegante palazzetto in stile liberty nel centro storico della capitale della Repubblica Ceca. L’attuale inquilino è un garbato medico quarantenne, Zdenek Hrib, eletto nelle file del Partito dei Pirati, che, nonostante il nome è una forza liberale centrista con una venatura di centro-sinistra. Proprio durante una cerimonia ufficiale in cui il sindaco ospitava gli ambasciatori degli Stati rappresentati nella Repubblica Ceca, si è consumata la rottura con il rappresentante della Repubblica Popolare Cinese.

L’episodio è interessante perché la Repubblica Ceca è uno dei pochi Stati europei ad avere concluso con Pechino un Memorandum of Understanding (MoU) analogo a quello firmato dall’Italia. Ed è proprio sull’interpretazione del MoU che il sindaco Hrib non ce la ha vista più ed ha mandato al diavolo l’ambasciatore cinese che, nel protestare le proprie ragioni, si era messo sulla scala d’ingresso, impedendo l’accesso agli altri ospiti. In breve, un episodio da operetta austro-ungarica quale quelle che si rappresentano a Vienna, Praga e Budapest.

Andiamo con ordine. La Repubblica Cena è un piccolo Stato dell’Europa centrale che la Cina ha corteggiato per anni allo scopo di avere una porta, ed un cavallo di Troia, per mettere un piede nell’Unione europea (Ue). Il corteggiamento ha anche compreso la promessa di due panda (un maschio ed una femmina) per lo zoo di Praga, dove è stata prontamente allestita una collinetta per ospitarli.

In effetti, la Repubblica Ceca non mirava tanto ai panda (peraltro mai arrivati) quanto a investimenti, commercio e, per la capitale, turismo di ricchi e sofisticati oligarchi ben disposti a spendere. In questo contesto, è stato anche concluso, euforicamente, un “gemellaggio” tra Praga e Pechino.

Dopo tre anni dal MoU, gli investimenti ed i ricchi turisti cinesi non si sono visti ma crescevano la richieste cinesi. In particolare quella di affidare alla Huawei l’infrastruttura per il 5G. Quando l’agenzia ceca per la cybersecurity ha sconsigliato di farlo, c’è stata una ritorsione immediata: l’annullamento di una tournée in 14 città del Celeste Impero che la Filarmonica di Praga aveva preparato per oltre due anni. Quasi a voler calmare le acque, un plutocrate cinese ha offerto un copioso finanziamento alla principale università di Praga, la famosa Università Charles fondata nel 1348. Al momento di firmare il protocollo, ci si è accorti che in carattere minuscoli l’ateneo si sarebbe impegnato a seguire “i principi della Grande Repubblica Popolare Cinese”. Ne è seguita una vera e propria rivolta di studenti e docenti. Ed il plutocrate è rimasto con i propri soldi.

In questo clima, non certo di “scambi d’amorosi affetti”, arriva il ricevimento a casa Hrib. L’Ambasciatore di Pechino – secondo quanto ha riportato il New York Times – si inalbera quando vede tra gli ospiti l’Ambasciatore di Taiwan. Fa le proprie rimostranze a Hrib sottolineando come ci sia una sola Cina e l’ambasciatore di Taiwan se ne debba andare. Hrib reagisce: “A casa mio invito chi mi pare”. Il corpulento ambasciatore di Pechino si mette sulla porta quasi ad impedire l’accesso agli altri ospiti. Allora si ode, in boemo, un robusto “vaffa”. Il “pechinese” se ne va seccato. Nella collina predisposta per i panda trovano casa un orso ed un’orsa bianca.

L’eco lontano del vaffa boemo è arrivato a Roma. Al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, signor Luigi Di Maio, unico tra i ministri degli Esteri europei ha non avere detto (almeno sino alle 22 del 25 novembre) sui risultati delle elezioni a Hong Kong, e al suo dante causa e patron che mentre a Hong Kong si votava aveva un lungo tête à tête con l’ambasciatore di Cina presso la Repubblica italiana.



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