Gianni Gambarotta, dopo aver letto l’intervento di Leo Soto intitolato “Perché Beppe Grillo ha ragione sui giornalisti. Lettera di un giornalista non grillino”, ha scritto questo post.
Domani, 5 giugno 2013, cade il cinquantenario del caso Profumo. Quel giorno del 1963 il segretario di Stato per la Guerra di Sua Maestà britannica, John Profumo, si dimise dall’incarico perché si era scoperta una sua relazione con Christine Keeler, una call girl (allora si chiamavano così) sospettata di essere l’amante di una presunta spia sovietica che operava a Londra. Questi era attaché dell’ambasciata moscovita ed era alla ricerca di segreti militari, certamente in possesso del Segretario per la Guerra.
La vicenda fu tirata fuori dalla stampa popolare, i famigerati tabloid scandalistici, quelli che vendevano milioni di copie e mettevano in terza pagina foto di pin up. Osteggiati, disprezzati dai benpensanti, erano in realtà grandi giornali: si occupavano di dare notizie, di essere un contropotere.
Oggi un po’ ovunque, e soprattutto in Italia, i media non sono più un contropotere. E da un pezzo. Qualcuno, per qualche settimana, ha pensato che potesse esserlo Grillo. Si è sbagliato.