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Il Natale, il terremoto e il coraggio in politica. Gli auguri di mons. Pompili

Di Domenico Pompili

Alla vigilia del quarto Natale dal terremoto che ha messo in ginocchio Amatrice e l’Appennino italiano il nostro pensiero non può non volare alle persone che ancora soffrono per questa drammatica ferita. Purtroppo l’aria che si respira è di un generale disincanto. In questi anni abbiamo ascoltato tante promesse. Oggi, fatta eccezione per la rimozione delle macerie, non si intravede una prospettiva per la ricostruzione. E se l’iniziativa statale è debole, quella privata è altrettanto vacillante. Nella popolazione che è ritornata nei luoghi ormai scarsamente popolati dell’altopiano amatriciano si fa strada la percezione che anche i più coraggiosi possano entro il prossimo anno decidere di abbandonare le loro terre. Se questo dovesse accadere, anche la scuola, l’unica opera compiuta in tempi celeri, rischierebbe di mancare il suo obiettivo.

Il mio augurio per questo Natale è che la politica faccia ciò che le spetta per definizione: decidere. L’indecisione, purtroppo, è un peccato originario di questo mondo. Il caso del terremoto ce lo ricorda drammaticamente. Si tende a richiamare normative passate, a derubricare una situazione di emergenza alla normalità, senza voler comprendere che costruire ad Amatrice e Accumoli non è come costruire a Roma e Torino. Tutto questo purtroppo crea un gioco al ribasso, soffoca in principio una visione di più ampio respiro per il territorio ferito e le persone che lo abitano.

Non ci stancheremo mai di dire che il terremoto non è una questione politica, appannaggio dell’una o dell’altra parte, ma un’emergenza nazionale. E i territori colpiti dal sisma non sono una realtà così lontana dai grandi centri urbanizzati. La montagna vive in osmosi con la città. L’acqua di Roma non nasce a piazzale Ostiense, ma fra i monti di Amatrice e Accumoli. Cosa succederebbe se dovesse venire meno perché il territorio non è presidiato, custodito?

Che questo Natale, la festa dell’umanità di Dio, possa insegnare a noi uomini, e specialmente a chi rappresenta la comunità, di farsi carico della realtà.



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