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Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Occorre ”separare il comparto scuola dal comparto ricerca e università. Sembrano appartenenti alla stessa filiera ma hanno logiche molto diverse, hanno esigenze e problematiche molto diverse. Quindi, mi farò latore della creazione di un nuovo ministero dell’Università e della Ricerca”: queste le parole del Presidente del Consiglio dei ministri nel corso della conferenza stampa di fine anno. Dopo le recenti dimissioni dell’ex Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il dicastero di Viale Trastevere, a sorpresa, si scinde: da un lato la scuola, dall’altro l’università e la ricerca. Come nel caso di altre strutture ministeriali, la scomposizione (e ricomposizione) di competenze e funzioni non costituisce certamente una novità. La riforma dell’allora Ministro Bassanini, che con due decreti legislativi del 1999 aveva ridisegnato attori e perimetro  dell’amministrazione centrale, riunì sotto un’unica autorità politica il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ed il Ministero della Pubblica Istruzione, e solo col Governo Prodi II, nel 2006, i due rami vennero nuovamente separati, per essere successivamente ricomposti, nel 2008, col Governo Berlusconi IV. Fatti salvi i tempi tecnici per la predisposizione del necessario veicolo normativo, le due componenti che sino ad oggi hanno costituito il MIUR (un acronimo ormai consueto nell’oscuro lessico dei burocrati) prendono, dunque, strade diverse. Non interessa, in questa sede, affrontare il tema della bontà o meno di tale scelta e, men che meno, analizzare le eventuali motivazioni di natura squisitamente politica della decisione: c’è, tuttavia, un aspetto della questione che non guadagnerà, c’è da scommetterci, i titoli dei giornali o dei notiziari, ma che riveste una importanza decisiva. Con tutta probabilità sarà un decreto legge a determinare lo scorporo dei due tronconi del vecchio ministero, seguito dal conferimento delle deleghe ai due nuovi membri dell’Esecutivo. Partirà, da quel momento, un tormentato iter per accompagnare l’amichevole divorzio fra l’anima della scuola e quella dell’università, sinora conviventi sotto lo stesso tetto. In soldoni: dalle ceneri del MIUR vanno incontro a nuova vita, speranzosi, due esseri che abbisogneranno del necessario per sopravvivere e prosperare, desiderosi di farsi una propria famiglia. Occorrerà, intanto, dividere l’appartamento e i figli (sedi e risorse umane), procedendo, contestualmente, a disporre quanto serve per rifarsi una vita. I due ex, tornati sul mercato, dovranno rinnovare il guardaroba e un bel regolamento di organizzazione nuovo di zecca sarà il perfetto abito della festa, seguito da un successivo decreto ministeriale che, completando il corredo, ridefinirà minuziosamente i compiti degli uffici. La cerchia più stretta di amici e parenti, come sempre accade nelle separazioni, subirà inevitabilmente qualche scossone e molti sceglieranno l’uno o l’altra, determinando l’ingresso in casa di nuove conoscenze: ecco, quindi, la necessità di avere due capi (e vice) di gabinetto, due capi (e vice) del legislativo, due capi della segreteria particolare, due capi della segreteria tecnica,due referenti dell’anticorruzione e trasparenza (con relativi piani), due portavoce e due uffici stampa, due comitati unici di garanzia, due organismi indipendenti della valutazione, due URP, due strutture che dovranno occuparsi di personale, bilancio e affari generali. Insomma, dove prima c’era una comunità, con i suoi componenti e le sue regole consolidate, vanno ora a formarsi due nuove famiglie, che dovranno affrontare il problema di metter su casa, allacciare le utenze, rimettersi in forma. È un processo non semplice, che richiede molto tempo, denaro e buona volontà. E che, se non adeguatamente governato, rischia di trascinarsi a lungo, impattando negativamente sul funzionamento delle strutture e, in ultima analisi, sui cittadini. Come spesso accade, il sol fatto di prendere una decisione o di approvare una norma non determina, automaticamente, un effetto, per il quale, al contrario, occorre dispiegare tempo ed energie, dando corpo e concretezza alle indicazioni espresse a monte. È una elementare banalità che, tuttavia, sfugge molto spesso al dibattito pubblico. Sarà bene, al contrario, tenere bene a mente come funzionano davvero le cose una volta che i riflettori si sono spenti: non sia mai che i due decidano di tornare assieme!

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