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Draghi oscillante in una Bce bloccata

La fine dell’anno. Il governatore della Bce Mario Draghi punta tutto sul termine del secondo semestre del 2013 per tornare a crescere. Nel frattempo la Bce taglia le stime sul Pil, ma di rendere i tassi negativi, come il governatore si era detto pronto a fare in caso di peggioramento della situazione economica, non se ne parla. “Gli effetti collaterali” ora spaventano, e la strada più saggia sembra quella più prudente: il mantenimento dei tassi d’interesse al minimo storico dello 0,50%. E’ finita quindi la corsa ai tagli? 

Tassi invariati

Il Consiglio direttivo della Bce non ha effettuato nuove modifiche, dopo il taglio da 0,25 punti percentuali effettuato il mese scorso. Confermato anche il tasso sui depositi custoditi per conto delle banche, che è stato lasciato a zero, senza portarlo quindi a valori negativi.

Le stime per il 2013 viste al ribasso

La Bce ha limato le previsioni sulla crescita di quest’anno, ma ha rivisto leggermente in meglio quelle sul 2013. Ora sul 2013 si attende una calo del Pil dell’area dello 0,6%, mentre sul 2014 prevede un più 1,1%. Tre mesi fa la Bce stimava tra il meno 0,9 e il meno 0,1% sul 2013 e tra crescita zero e più 2% sul 2014. Draghi ha comunque ribadito che su questo quadro previsionale continuano a prevalere i rischi al ribasso.  Il primo motore delle prospettive di ripresa economica dell’area euro è l’export, che “è cresciuto in Germania, in Spagna e in Italia”.

La promessa di Draghi e l’acqua sul fuoco sui contrasti interni

La politica monetaria della Bce resterà accomodante per tutto il tempo che sarà necessario. Tuttavia, la decisione di oggi è stata nuovamente presa a maggioranza, e Draghi ha cercato di minimizzare sui contrasti interni alla Bce e sulla linea dura impressa dal governatore della Bundesbank Jens Weidmann. La stampa secondo Draghi ha “eccessivamente drammatizzato le divergenze di vedute nel Consiglio. E’ normale che ci siano punti di vista diversi, è anche positivo”. Inoltre “dobbiamo anche fare un distinguo. Su alcune questioni ancora non decise ci possono essere dissensi, ma rispetto a opinioni che non sono definitive – ha detto – ci stiamo ancora lavorando, le studiamo assieme”. Come quella di consentire la cartolarizzazione dei prestiti a imprese medio piccole in Abs, e di consentire alla banche di usare questi titoli come garanzie per ottenere rifinanziamenti della Bce.

Il timore degli effetti collaterali dei tassi negativi

La Banca centrale europea è “tecnicamente pronta” per l’ipotesi di portare a livelli negativi i tassi di interesse sui depositi che custodisce per conto delle banche, tuttavia una manovra simile avrebbe effetti collaterali “non desiderati”, ha rilevato Draghi. D’altra parte, l’inflazione contenuta “non è per forza negativa”, anzi può sostenere il potere di acquisto delle famiglie, “quello che dobbiamo temere è la deflazione e per ora non la vediamo”.

Il rispetto degli impegni degli Stati membri

“E’ essenziale” che i governi dell’area euro non “smontino” gli sforzi fatti sul risanamento dei conti pubblici, e eventuali concessioni di tempo supplementare per il raggiungimento di questi obiettivi dovrebbero restare “casi eccezionali”, ha affermato Draghi.

L’errore della Bce sugli stress test bancari

La dinamica del credito bancario verso le imprese resta “debole”, e in generale la dinamica dell’offerta di credito resta fiacca, ha affermato Draghi. Nell’area euro “non dobbiamo ripetere l’errore fatto” con i passati stress test sulle banche: quello di effettuarli e pubblicarne i risultati senza che fossero pronti fondi di emergenza sufficienti a scoprire l’eventuale fabbisogno di capitale delle banche.

La disoccupazione giovanile

Il lavoro nell’area euro subisce “l’effetto combinato” del prosciugarsi del credito bancario e del risanamento dei conti pubblici “che in alcuni paesi era inevitabile”, ha sottolineato Draghi. Ma “ci sono anche alcuni fattori strutturali che bloccano il mercato del lavoro in alcuni Paesi. Come la flessibilità che è stata messa solo sulle spalle dei giovani – ha aggiunto – e questa è una delle maggiori ragioni per l’elevata disoccupazione giovanile”.


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