Il 2020 sarà per Matteo Salvini un anno cruciale. Non si finirà mai di riconoscere all’uomo la capacità di aver saputo intercettare sentimenti diffusi e del tutto ignorati o sottovalutati dalla classe politica. Tanto che gli italiani lo hanno abbondantemente premiato, facendo sì che la Lega raddoppiasse i consensi in un anno di governo e diventasse di gran lunga il primo partito nazionale. Il che è fondamentale in democrazia.
La nostra è però non solo una democrazia, ma anche (vivaddio!) una democrazia parlamentare e rappresentativa. E Salvini non ha ben calcolato che proprio la forza che su un altro tipo di democrazia, quella “diretta”, ha fondato il suo successo non si sarebbe fatta scrupoli nel cambiare alleato pur di rimanere al governo. Non c’è troppo da scandalizzarsi: la politica è questo ed è dettata in prima istanza dall’istinto di sopravvivenza! Forse, non è azzardato dire che quel che è mancato a Salvini sia stata proprio la cultura politica, la quale, d’altronde, si acquista solo con l’esperienza, e quindi anche attraverso momentanei fallimenti e “cadute” (e che è il necessario complemento del fiuto politico).
Salvini può farcela, ma deve muoversi, a mio avviso, lungo uno stretto sentiero. Spiego perché. È evidente, in linea generale, che la maggioranza degli italiani cerca un cambio radicale di marcia in politica: dal “vaffa” di Grillo alla “rottamazione” del primo Renzi fino appunto a Salvini, gli esempi dell’insoddisfazione dei nostri connazionali sono ormai diversi. Ma è anche certo che gli italiani, sul lungo periodo, oltre la sicurezza (fisica ed economica), cercano la rassicurazione e la tranquillità. Non siamo un popolo da “rivoluzioni”, come ben sapeva Leo Longanesi! Quindi, a mio modo di vedere, per la destra che voglia essere di governo, occorre una buona dose di moderazione ad integrazione del giusto radicalismo delle proposte. Una moderazione soprattutto nei toni e nel modo di porsi: si tratta quindi di una questione in prima istanza comunicativa.
Tenere insieme questa moderazione senza cedere minimamente sui punti di principio: è questo lo stretto crinale in cui bisognerà che la destra, e Salvini che ne è il legittimo leader in primis, si muovano sulla lunga distanza. Occorre coniugare, in altre parole, l’agenda strutturale-istituzionale con un rigoroso cambio di marcia sostanziale nella politica italiana. Occorre anche, contestualmente, tessere una rete di alleanze vere, sia all’interno che all’estero, perché la politica ha, machiavellicamente, anche questo connotato di gioco fra rapporti di forze.
Impresa non facile, ovviamente, e perciò parlavo di uno stretto crinale. Resa ancora più difficile dall’immaturità di molta parte della sinistra italiana, che è sempre alla ricerca di un avversario da delegittimare moralmente e che quindi userà a man basse questa arma. E a cui, proprio per questo, non gli si può offrire la testa sul piatto. In generale, l’impressione che io ho è che Salvini si stia muovendo nella giusta direzione. È vero che è stato l’unico leader italiano a non congratularsi con il Capo dello Stato per il discorso di fine anno (lo ha fatto persino Giorgia Meloni, che sta mostrando sempre più di sapersi ben muovere anche a livello internazionale). Ma, a ben pensarci, chiedergli di farlo, a tre mesi solo dal cambio di maggioranza governativa, era un po’ troppo.
Dire poi che Salvini abbia criticato il Presidente della Repubblica, pur non citandolo, nel suo discorso di fine anno via Facebook, mi sembra un processo alle intenzioni e una bolla mediatica creata ad arte! Anche verso papa Francesco, che è un’altra delle sue “bestie nere” (e non solo sua in verità), Salvini non ha infierito più di tanto per lo spiacevole episodio della reazione allo “strattonamento” che lo ha visto protagonista la notte di capodanno in Piazza San Pietro. Ha anzi usato le armi dell’ironia simpatica, fra l’altro in un contesto normalissimo di vacanza sulla neve con la giovane e simpatica Francesca Verdini (che fra l’altro contribuisce molto ad “umanizzare” in questo momento la sua immagine).
Come è ormai prassi nelle nostre democrazie mature, la battaglia politica si gioca molto anche sulla comunicazione. E su questo forse principalmente Salvini nel 2020 è aspettato al varco.