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L’Intelligence e il duale mondo del cyber. L’analisi di Marco Mayer

Di Marco Mayer

Le infinite combinazioni di 0 e 1 che caratterizzano il mondo digitale hanno costruito una profonda e inedita dimensione subliminale: o bianco o nero, mi piace o non mi piace, sì o no. In sostanza, una catena di risposte che si escludono a vicenda e che non corrispondono a quanto accade in natura. Quest’ultima è notoriamente caratterizzata, invece, da innumerevoli sfumature.

Se a unire Madre Teresa di Calcutta a Hitler è la natura umana, quest’ultima si presenta immediatamente come indeterminata e forse indeterminabile. È per questo che un eccesso di logica e di generalizzazioni con formule quantitative può creare bias cognitivi e non poche illusioni, come ha sperimentato sulla sua pelle la Nsa. Le cosiddette raccolte di dati a strascico e l’applicazione ai big data di analytics non selettivi ha creato moltissime delusioni.

Questo tipo di tecniche si presentano viceversa molto utili quando servono a falsificare o validare un’ipotesi investigativa o predittiva o un’anomalia specifica costruita con strumenti tradizionali. Se da un lato l’universo cyber ci appare come tagliato con l’accetta e dominato dalla logica binaria in cui tutto è bianco o nero, dall’altro esso si presenta come la quintessenza dell’ibrido. Questa proprietà caratteristica ci offre la chiave di lettura per comprendere sino in fondo il grande impatto della rivoluzione digitale nel mondo dell’intelligence e i complessi processi di radicale riorganizzazione che essa sta innescando nei diversi Paesi.

La società digitale non si fa imbrigliare in ripartizioni, compartimenti e tantomeno in perimetri di carattere statico. Non solo i confini tra dimensione interna ed esterna sono molto più labili e porosi, ma la loro consistenza varia in continuazione. Un secondo confine fondamentale difficilmente tracciabile è quello tra civile e militare. L’aggettivo duale è ormai un modo politicamente corretto di indicare la complessa interdipendenza tra dimensione civile e militare e soprattutto la permeabilità che caratterizza industria e organizzazione militare, non solo nel campo della ricerca e dello sviluppo, ma nelle sue diverse componenti tattiche, strategiche e logistiche. Non a caso il Pentagono ha messo da oltre un decennio sotto i riflettori la dipendenza militare dalle infrastrutture critiche civili degli Stati Uniti oggetto di avanzati processi di digitalizzazione.

Un attacco cyber a una diga, una centrale elettrica, un metanodotto o un porto viene considerato da almeno quindici anni un pericolo da codice rosso. Difficilissimo risulta delineare in tempo reale la variabile della consistenza dei confini tra nazioni e i flussi conseguenti in termini di dimensione interna ed esterna, altrettanto complesso decifrare le molteplici interazioni e distinzioni tra mondo civile e militare nonché delineare un assetto organizzativo in grado di governare la crescente fluidità e interdipendenza tra settori tradizionalmente distanti.

Infine, il riferimento alle infrastrutture critiche mette in evidenza la terza dimensione in cui le distinzioni sono inevitabilmente più sfumate: il comparto pubblico e il mondo privato. I confini tra interno ed esterno, tra civile e militare, tra pubblico e privato diventano contemporaneamente più labili e mutevoli. Ciò rende più difficile e complessa l’attività di intelligence.

Imperativo diventa un approccio ibrido in cui il risultato sia il frutto di convergenze multidisciplinari su obiettivi comuni piuttosto che il prodotto della tradizionale compartimentazione organizzativa. Più intensa e complessa deve diventare anche la collaborazione con i servizi collegati con cui si pone da tempo un ripensamento normativo anche in termini di armonizzazione delle garanzie funzionali.

Se la società digitale si sta sempre più caratterizzando come “regno dell’incertezza”, la curiosità, l’esplorazione, il saper fare, il sapersi adattare, il senso del proprio limite, il desiderio di primeggiare e il dovere di collaborare, la disciplina e il rigore metodologico, la necessità di reskilling continuo sono le premesse che tutti coloro che operano nella sicurezza e nell’intelligence devono mettere in campo per affrontare questa sfida.

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