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Giornalismo tra Potere, verità e complotti…alla Totò

Ho presto maturato che l’autonomia del giornalista e la spesso reclamata liberta’ di stampa nel mondo giornalistico sono parole belle, attraenti e seduttive, ma senza il loro contenuto e senso reali: impossbili da praticare per l’assoggettamento di ogni testata, di destra e di sinistra, ad un editore puro, rarissimo, o ad un editore-partito, maggioritario, e di conseguenza al direttore che prescelto. Quasi mai per capacita’ professionali, sempre piu’ spesso per comunanza d’idee. E poi assoggettamento ai vassalli, valvassini e valvalssori con i quali ogni direttore costruisce la sua ‘personale’ redazione. Una filiera che va dall’editore, al direttore, alla redazione. E per chi vuole mantenere la sua autonomia e liberta’ ci sono due scelte: o soggiacere, magari mettendosi in fila nella speranza di poter stare un giorno nella filiera o tutelare le proprie prerogative in altra sede, quella giudiziaria dove vince comunque il ruolo e l’immagine dell’editore. Cause miliardarie vinte contro la Rai, ma perse quando si tratta, ad esempio, dell’Eni. Poi ho maturato anche un’altra convinzione che si e’ passati lentamente dalla ‘censura’ quella imposta d’autorita’ dal direttore e dal gruppo editoriale di riferimento, all’autocensura del giornalista che preventivamente evita, trascura ed oscura persone, argomenti e temi che non rientrano negli interessi della filiera. Cosi’ oggi accade che Enrico Franceschini su Repubblica senta il bisogno, di certo non solo suo, di far sapere ai lettori, sotto il titolo ‘La Glasnot del club dei potenti’, che “chi crede ai complotti segreti dovra’ cercarsi un altro bersaglio. Il Bilderberg ormai appare minaccioso come il club Mediterranee”. Questo perche’ il Bilberberg, messo in piedi ne 1954, per la  riunione di Watford, sobborgo di Londra, si e’ dotato di un ufficio stampa, delle questioni in discussione, debito occupazione Europa, dopo aver reso noto i nomi dei partecipanti – Mario Monti, Lilli Gruber, Franco Bernabe’ di Telecom, Fulvio Conti dell’Enel, per l’Italia – selezionati tra grandi banchieri, finanzieri, imprenditori, politici, come e’ sempre avvenuto. Tra i 122 italiani presenti al Bilberberg, dal 1954 ad oggi, Franceschini tralascia l’importante particolare, troviamo, tra gli altri, Marco De Benedetti, figlio di Carlo l’editore del gruppo editoriale ‘Espresso-Repubblica’ e la co-fondatrice di ‘Repubblica’ e compagna di Tommaso Padoa Schioppa, Barbara Spinelli, quindi Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani, Guido Carli, Gianni Agnelli, oggi Jhon Elkan, Raul Gardini, Franco Reviglio, Paolo Scaroni, Gianni De Michelis, Beniamino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi, Valter Veltroni, Romano Prodi, Emma Bonino, Mario Monti, Mario Draghi, Ignazio Visco e il Premier attuale Enrico Letta. Tra i giornalisti: Gianni Riotta, Ferruccio De Bortoli, Piero Ottone, Sergio Romano, che ha una rubrica sul ‘Corriere della Sera’. Insomma, il fior fiore del Potere economico-finanziario-politico-editoriale di oggi e di ieri. Franceschini non puo’ non sapere che sul Bilderberg, come sulla Trilaterale di cui Monti e’ presidente europeo, sulla Goldman Sachs, esiste una vasta letteratura in proposito: a parte i libri-inchiesta di Daniel Estulin, la trasmissione-inchiesta della Gabanelli su Report 23 aprile 2012, proprio martedi’ scorso a Roma c’e’ stato un interessante incontro con l’economista statunitense James Kennet Galbraith, autore de ‘Lo Stato predatore’, moderato da un allievo ed amico personale di Federico Caffe’, l’economista Bruno Amoroso autore de ‘L’euro in bilico’. Davvero strano che un quotidiano attentissimo all’economia come ‘Repubblica’, abbia ‘bucato’ quest’incontro, e presti poca attenzione all’Aspen Institute. Anche la maggior parte dei media italiani ha fatto altrettanto. Quest’incontro non meritava di esser menzionato? Non meritava alcuna attenzione? Rispetto alle elucubrazioni di un Francesco Giavazzi, presente al Bilderberg o di un Alberto Alesina della stessa Universita’ di Monti, la Bocconi! Chiedere e pretendere l’obiettivita’ su questo delicato argomento che interessa la vita di milioni e milioni di persone, in un mondo giornalistico compromesso con il Potere equivale ad ‘eversione’ se non addirittura a credere al ‘complottismo’? No, vuole dire informare la gente di quel che accade attorno a se: questo e’ il compito dell’informazione e, al tempo stesso, e’ un diritto dei cittadini esser informati! E che dire del ‘vizietto’ poco professionale di giornalisti che si mettono in aspettativa per candidarsi ad elezioni politiche o europee, o dirigono uffici stampa di Premier, di Ministri e di Partiti, poi ritornano nelle redazioni, magari dopo essersi seduti in organismi sindacali della categoria, la Fnsi o l’Usigrai? Vige nella categoria una sorta di ‘ferra catena’ che seleziona le redazioni, anche con il supporto di Cgil, Cisl, Uil! Per queste mie riflessioni su un giornalismo di ‘comprati e venduti’, spero di non passare per un fan di Beppe Grillo, che non e’, oggi, il politico di riferimento, tanto il clow e’ distante da un Riccardo Lombardi o da un Bruno Trentin, e neanche il comico preferito di ieri essendo anni luce lontano da un certo Principe de’ Curtis, in arte Toto’.

 


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