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Themis/ Oltre il rogo di Calderoli

Con un rogo Roberto Calderoli ci ha liberato di 375.000 leggi “inutili”. I fotografi hanno immortalato l’evento, che è avvenuto a marzo in una caserma dei vigili del fuoco a Roma. Su Internet è ancora possibile godersi lo spettacolo del ministro, dotato di un’ascia e di un piccolo lanciafiamme, che dà fuoco alle scatole che simbolicamente contenevano una “montagna di implicazioni per il cittadino e per lo Stato”. L’idea di depurare formalmente l’ordinamento dalle leggi che erano già state tacitamente abrogate o che erano ancora in vigore pur avendo esaurito gli effetti è dei governi del Centro-sinistra, ma il ministro Calderoli ha il merito di averla tenacemente portata avanti. L’obiettivo dichiarato è quello di agevolare il lavoro degli operatori del diritto e la conoscenza della normativa da parte dei cittadini.
 
Il rogo si inserisce nel programma di interventi messo a punto dal Ministero della semplificazione normativa per onorare la sua missione. A tal proposito nel sito web si legge che “una matura policy di semplificazione non è legata soltanto al numero di norme adottate o soppresse, ma alla effettiva riduzione degli oneri e dei tempi burocratici per i cittadini e le imprese che rappresenta un obiettivo comune a tutti i paesi dell’Unione europea. Garantire un livello di tutela adeguato, ma senza oneri inutili, identificare il problema che si intende risolvere, condividerlo con i destinatari, identificare le possibili opzioni di intervento misurando costi e benefici, sono le premesse essenziali per la creazione di un contesto normativo favorevole all’investimento, all’innovazione e all’imprenditorialità”. Con queste prospettive, un tema c’è da augurarsi che prima o poi entri nell’agenda del ministro: quello della certezza del diritto. Le misure sino ad oggi programmate mirano ad intervenire, a vario titolo, sulla “quantità” delle leggi. Rimane ancora sullo sfondo il problema della “qualità”. Per la normativa in fieri, già da tempo, gli uffici competenti delle amministrazioni e del Parlamento si sono dotati di sofisticati strumenti di valutazione, monitoraggio e drafting. Ma non è sufficiente. Investimenti e imprenditorialità richiedono, anzi pretendono un quadro di regole certo e chiaro.
 
Pertanto, oltre ad intervenire su queste regole eliminando le superfetazioni, è necessario chiarire la loro portata e valenza. I tribunali di ogni ordine e grado sono sommersi di cause che hanno origine nella controversa interpretazione di leggi e regolamenti. Sono numerosissime le disposizioni che o perché mal scritte o perché inserite in un quadro normativo suscettibile di letture diverse alimentano una giurisprudenza contrastante, a cui spesso nemmeno le pronunce delle Sezioni unite della Cassazione riescono a porre fine. Non si tratta solo della legislazione speciale che, per la sua occasionalità e asistematicità, si presta (per definizione) a dissonanze esegetiche. Spesso sono gli articoli del codice civile e dei codici di procedura – i fondamentali (nel senso proprio del termine) del sistema – ad aver stratificato nel tempo orientamenti giurisprudenziali che sembrano dar ragione a qualunque pretesa. Di qui un contenzioso inarrestabile, anche perché paradossalmente ogni sentenza è destinata a rilanciarlo. Ora, per l’adeguamento dell’ordinamento ai vincoli derivanti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea è stata prevista una legge annuale con la quale il Parlamento delega il Governo ad adottare le disposizioni necessarie anche ai fini del coordinamento con quelle interne. Si tratta di una soluzione che potrebbe essere riproposta per le questioni domestiche.
 
Un esempio può essere utile a chiarire la proposta. Spesso le norme contengono dei termini. Gli interpreti distinguono tra termini ordinatori e termini perentori, che diversamente dai primi, ove invano trascorsi, comportano sanzioni a vario titolo. Non sempre le disposizioni indicano la natura del termine. Così da decenni alcune norme sono interpretate ora in un senso ora nell’altro, con il risultato di rendere impossibile ogni affidamento in chi è chiamato – cittadini, imprese, professionisti – a interagire con quel dato normativo. E l’incertezza prima o poi si trasforma in contenzioso. Per scongiurarlo e dare certezza alle regole del gioco basterebbe una legge annuale che deleghi il Governo a dare una interpretazione autentica delle norme controverse, vincolandolo a scegliere nell’ambito dell’orizzonte delle possibilità evidenziate dalla riflessione della dottrina che hanno trovato recepimento negli indirizzi della giurisprudenza.


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