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Di Maio pungola Conte sulla Libia. Ecco come

Cercando nel resoconto della seduta del Senato di oggi la parola “Palermo” compare soltanto cinque volte. In due occasioni l’ha pronunciata il senatore leghista Manuel Vescovi, che ha accusato il governo di seguire le indicazioni franco-tedesche e di mancare di coraggio nella gestione della crisi libica. A Palermo ha fatto riferimento anche un altro leghista, Emanuele Pellegrini, spiegando che della conferenza per la Libia organizzata nella città siciliana poco più di un anno fa 2018 non vede “grandi risultati. Eppure il governo – è vero – è cambiato, ma il presidente è lo stesso”.

“Ci auguriamo” che la Conferenza di Berlino “vada meglio di quella di Palermo” ha detto invece Isabella Rauti di Fratelli d’Italia. Il quinto e ultimo risultato della nostra ricerca ci porta all’intervento di Adolfo Urso, anch’egli esponente di Fratelli d’Italia: “Ricordo la photo-opportunity di inizio legislatura tra Conte e Trump, dove Conte, soddisfatto, diceva: ‘l’America è con noi in Libia. Stiamo tranquilli’. Io ricordo quelle dichiarazioni, come ricordo il vertice di Palermo e la photo-opportunity, che tanto Casalino voleva fare, con Haftar e Serraj, pensando che una photo-opportunity fosse sufficiente, e come ricordo le dichiarazioni quei giorni. In politica estera non sono sufficienti le photo-opportunity, né le dichiarazioni, né il balletto o il valzer degli incontri. Occorre avere chiari amici, nemici e gli interessi nazionali”.

Partiamo da qui, da questo termine che il senatore Urso utilizza ben sei volte nel suo intervento completo: photo-opportunity (gli stenografi in alcuni casi hanno utilizzato photopportunity). Ecco, visto che ormai ci siamo affezionati allo strumento “Cerca” del nostro browser facciamo la stessa cosa andando a caccia di questo termine. Compare sette volte: sei, come detto, nel discorso di Urso, l’altra nell’informativa del ministro Di Maio. Parlando della conferenza in programma nel weekend a Berlino il capo della Farnesina ha spiegato che “è molto positivo” che la cancelliera tedesca Angela Merkel “abbia confermato la data del 19 gennaio. Ci aspettiamo da questa conferenza risultati e non solo photo-opportunity. Dopo la conferenza dovremo poi lavorare sui seguiti operativi, a cominciare dalle modalità di attuazione del cessate il fuoco”.

Il ministro Di Maio non lo dice esplicitamente ma è stato chiaro a tutti, come dimostra l’insistenza del senatore Urso sul termine photo-opportunity, che il riferimento fosse alla Conferenza di Palermo di fine 2018 nonostante il capo della Farnesina non l’abbia mai nominata. Infatti, l’unico risultato di quell’evento siciliano fu lo scatto da mostrare sui giornali e sulle televisioni: a sinistra il premier tripolino Fayez Al Serraj, a destra il generale Khalifa Haftar e in mezzo, a unire i due rivali in una stretta di mano il premier italiano Giuseppe Conte. Risultati sul campo o a livello diplomatico: zero.

Facciamo un passo indietro. Meno di una settimana fa, all’indomani dell’incontro fallito con Serraj e Haftar a Palazzo Chigi, il ministro Di Maio aveva parlato di quella conferenza in un’intervista al Corriere della Sera. Che cosa non ha funzionato?, chiedeva l’intervistatore. “L’impegno dell’Italia è massimo, in questi giorni sono stato a Bruxelles, Istanbul, Il Cairo e sono appena rientrato da Algeri. Dall’Iran alla Libia ci troviamo di fronte a cornici complesse, serve prudenza, bisogna agire con responsabilità”, rispondeva il ministro Di Maio prima di lanciarsi in una difesa del premier: “Gli attacchi rivolti a Conte sono gratuiti e ingiustificati, il presidente sta dando il massimo. Ricordo a tutti che è lui l’autore della Conferenza di Palermo”.

Ma quella che può apparire una difesa, in realtà è una frecciata. Sappiamo, infatti, che tra i due i rapporti si sono molto freddati negli ultimi tempi. A tal punto che c’è chi sospetta, come il giornalista della Stampa Jacobo Iacoboni, che il recente spin del premier, assistito dal portavoce Rocco Casalino, sia pensato per spostare “il problema dalla crisi del suo governo al presunto problema della sostituzione di Di Maio” come capo politico del Movimento 5 stelle.

Ecco perché al Corriere il ministro ha tenuto a sottolineare che la Conferenza di Palermo fu iniziativa del premier e in Senato ha sperato sia di vedere qualcosa di più a Berlino di una photo-opportunity: si parla di Libia, certo, ma anche del futuro del Movimento 5 stelle.



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