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Londra dice sì a Huawei. L’effetto sulla Germania

Londra non ha regalato sorprese. Soltanto molto nervosismo a Washington. Il National Security Council era stato convocato questa mattina dal premier Boris Johnson per decidere sul ruolo che il colosso cinese potrà avere nella costruzione dell’infrastruttura 5G britannica. E nonostante le pressioni degli Stati Uniti sul Regno Unito – che da una parte hanno ricordato il pericolo rappresentato dall’ingresso di un’azienda cinese in una rete così sensibile e decisiva per il futuro, dall’altra il rischio di una revisione della quantità di informazioni di intelligence scambiate da Washington con Londra – il governo conservatore ha scelto di aprire al colosso delle telecomunicazioni che nelle ultime ore è stato equiparato al Kgb da Matthew Pottinger, vice consigliere per la sicurezza nazionale del presidente statunitense Donald Trump, e a una volpe in un pollaio da Nick Timothy, ex capo dello staff dell’ex premier Theresa May.

Via libera, quindi, alla partecipazione di Huawei allo sviluppo della rete ma con restrizioni serrate per provare a contenere l’irritazione degli Stati Uniti, del Parlamento e dei membri del governo contrari. Tre le limitazioni: Huawei sarà esclusa da tutte le parti sensibili; dalle aeree sensibili come basi militari e siti nucleari; limitata al 35% del mercato delle parti non sensibili. “Huawei è rassicurata dalla conferma del governo britannico che possiamo continuare a lavorare con i nostri clienti per mantenere l’avvio del 5G sulla giusta strada”, ha dichiarato Victor Zhang, vicepresidente Huawei. Confermato, invece, il ban per le aziende ad alto rischio tra cui la cinese ZTE.

Già ieri il premier Johnson aveva parlato di una soluzione che garantirà “il progresso tecnologico e l’interesse dei consumatori”, senza “compromettere le nostre infrastrutture sensibili né porre a rischio la sicurezza nazionale o la nostra capacità di lavorare assieme ai servizi d’intelligence” delle potenze alleate. Porte aperte per la fornitura di componenti come le antenne ma chiuse per quanto riguarda i server; inoltre, limitazioni sulle quote di mercato.  

Come ricordavamo soltanto ieri su Formiche.net, la posizione del Regno Unito è simile a quella della Germania, altro Paese europeo chiamato a decidere nei prossimi giorni sul ruolo di Huawei nell’infrastruttura digitale del futuro: entrambi pensano sia possibile coinvolgere il colosso cinese in maniera sicura, distinguendo tra parti “core” (server e sistemi) e parti “edge” (antenne e stazioni). Una distinzione che però non sembra davvero possibile quando l’infrastruttura verrà completata.

A tal proposito, alcuni mesi fa Maurizio Mensi, allora presidente dell’Organo di vigilanza sulla rete Tim, dopo il caso Vodafone in Italia disse a Formiche.net che “quando si parla di reti è difficile distinguere tra elementi centrali o secondari, tra parti ‘core’ o ‘edge’, come invece vorrebbe fare Londra”. È la stessa linea indicata anche nell’ottobre 2018 dal capo dell’Australian Signals Directorate, Mike Burgess: “La distinzione tra ‘core’ ed ‘edge’ svanisce quando si parla di 5G”, disse durante un discorso pubblico a Canberra.

Noah Barkin, giornalista e ricercatore tedesco, stamattina, prima della decisione, ha scritto un breve thread su Twitter spiegando le ripercussioni di un sì britannico sul dibattito in Europa. In particolare in Germania, dove la magistratura ha recentemente aperte un’indagine su tre persone accusate di spionaggio a favore della Cina. Tra di loro, Gerhard Sabathil, ex ambasciatore dell’Ue in Corea del Sud.

“La decisione del Regno Unito influenzerà i dibattiti in altre parti d’Europa, in particolare in Germania, dove il ruolo di Huawei è in equilibrio precario. Rischia di minare la posizione di Norbert Röttgen (presidente della commissione Affari esteri del Bundestag, ndr) e altri per l’esclusione”, ha scritto. E ancora: “È un segnale pesante circa la capacità di Trump & Co di influenzare gli alleati. Il bullismo sfacciato può funzionare qualche volta. Ma non può competere con una diplomazia intelligente. C’è anche quel problema di credibilità: quando il presidente e il segretario di Stato non dicono la verità perché ascoltarli?”. Altro tweet: “In definitiva, queste decisioni sul 5G non dovrebbero riguardare la sottomissione a Stati Uniti o Cina, ma i Paesi europei che cercano di difendere i propri interessi. C’è molto lavoro da fare nelle capitali europee per definire quegli interessi e cogliere il nesso tecnologia-sicurezza. Il 5G è solo l’inizio”. Ultimo tweet di Barkin: “Mentre gli Stati chiave hanno esitato, l’Union europea ha brillato, offrendo preziosi consigli basati sui fatti con la sua valutazione del rischio 5G e la ‘cassetta degli attrezzi’ che sarà presto diffusa. Ha portato i cavalli all’acqua, non può farli bere. Tuttavia, la Commissione sta ritagliando un ruolo importante nella sfida cinese”.

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