Con l’avvio della Brexit, da tempo ci si chiedeva come la Francia avrebbe deciso di giocarsi la carta nucleare, essendo rimasta l’unica nell’Unione europea a possedere tale capacità. Oggi il velo si è squarciato con l’atteso discorso di Emmanuel Macron sulla strategia nazionale di difesa e dissuasione, pronunciato di fronte agli allievi dell’École militaire di Parigi. Per la prima volta, dopo una consolidata preservazione della sovranità nucleare, il presidente francese ha aperto al dialogo con i partner europei sul ruolo della Force de frappe transalpina a servizio della sicurezza del Vecchio continente. Dietro l’apparente disponibilità a condividere il potenziale di deterrenza Macron sembra celare il tradizionale desiderio di un’Europa a forte trazione francese.
IL DISCORSO
Il discorso sulla strategia di dissuasione nucleare (una tradizione per i presidenti della Quinta Repubblica) era atteso da tempo, ma anche ampiamente anticipato tra indiscrezioni di stampa e disvelamenti dello stesso Macron. L’attesa era tutta legata all’ufficializzazione della Brexit, evento che ha reso la Francia l’unica potenza nucleare dell’Ue. Finora, seguendo la scia tracciata da Charles de Gaulle, il presidente Macron aveva ribadito il rifiuto a una condivisione delle capacità nucleari con gli alleati, tanto meno a una loro collocazione sotto il cappello della Nato o dell’Ue. Eppure, con l’uscita del Regno Unito, era chiaro che lo strumento nucleare poteva rivelarsi per Parigi una carta utile nel secondo contesto.
LA DISPONIBILITÀ DI MACRON…
E così è arrivata l’apertura, fino addirittura a ipotizzare la partecipazione di altri Paesi europei ai test sulla deterrenza nucleare condotti dalla Francia. Perché? “Perché l’interesse vitale francese ha ora assunto una dimensione europea”, ha detto oggi Macron. L’obiettivo francese è dotare l’Europa di “autonomia strategica”. Il Vecchio continente, ha spiegato il presidente, rischia di “confinarsi in un ruolo di spettatore” in un contesto dominato da Russia, Stati Uniti e Cina. Ciò riguarda anche il contesto nucleare. Già con la fine del trattato sui missili a raggio intermedio Inf che legava Washington e Mosca, Macron aveva invitato l’Europa a mobilitarsi per evitare una nuova corsa agli armamenti sul proprio territorio. Oggi ha rilanciato la proposta: “La Francia mobiliterà i partner europei più coinvolti, per porre le basi di una strategia internazionale comune che potremo proporre in tutti gli ambiti in cui è attiva l’Europa”.
...SU QUALE AUTONOMIA STRATEGICA?
A stonare è però l’interpretazione che Parigi dà al concetto di “autonomia strategica”. Per i francesi (si ricordi l’uscita dalla Nato nel 1966) è da intendere nella sua versione più radicale, al limite dell’indipendenza rispetto allo storico alleato americano. Con questa idea Macron ha spiegato a novembre che il Vecchio continente rischia di “sparire” poiché schiacciato tra “Stati Uniti e Cina”, con un’equiparazione quantomeno forzata tra gli Usa e il Dragone (potenza in assertiva ascesa), arrivando a definire la Nato “in morte cerebrale”. Con questa stessa interpretazione ha proposto più volte un “vero esercito europeo”, tanto da arrivare a toni piuttosto aspri con il presidente Donald Trump.
LA STRATEGIA EUROPEA
Un segnale di tale ambizione era già arrivato a giungo 2018 con il lancio della European Intervention Initiative (Ei2), iniziativa macroniana esterna alla Nato e all’Unione europea per promuovere l’integrazione in campo militare. Per molti, fu la risposta al fallimento della linea francese sulla Pesco, la cooperazione strutturata permanente interna ai meccanismi Ue, che i transalpini leggevano in senso esclusivista come gruppo di pochi Paesi, su cui però ha prevalso la linea dell’inclusività sponsorizzata da Italia e Germania.
IL PUNTO NUCLEARE
Ora, l’apertura al dialogo con i partner europei sulla dissuasione nucleare serve ad accrescere il peso politico francese, tanto più in un momento delicato a Bruxelles, con il prosieguo dei negoziati sul prossimo bilancio dell’Unione europea, comprendente anche (per la prima volta) diversi miliardi per la Difesa comune. L’interesse francese è noto. La casella del Mercato interno nella Commissione targata Ursula von der Leyen è andata a Thierry Breton (dopo la bocciatura di Sylvie Goulard), il primo ad avere responsabilità sulla nuova Direzione generale Difesa, industria e spazio da cui saranno gestiti i finanziamenti del Fondo europeo della difesa (Edf). Non coinvolta nei progetti comuni, la Force de frappe dà comunque alla Francia una statura di tutto rispetto.
L’ARSENALE
Tanto più se è accompagnata dal tentativo di Macron di farsi portavoce del disarmo nucleare. Il presidente ha detto oggi di voler coinvolgere gli alleati europei per mettere “insieme un’agenda internazionale per il controllo degli armamenti”. Su questo, ha aggiunto, Parigi vanta un bilancio esemplare, visto che ha ridotto a meno di “300 testate” il suo arsenale. Per Macron, quello della Fracia è “un bilancio unico al mondo, conforme alle sue responsabilità e ai suoi interessi, avendo smantellato in modo irreversibile la componente nucleare terrestre, le installazioni per i test nucleari e per la produzione di materiale fissile per armamenti”. Eppure, nella Legge sulla programmazione militare 2019-2025 (presentata due anni fa dal ministro Florence Parly) sono previsti 37 miliardi di dollari per modernizzare l’intero arsenale.