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Phisikk du role – Che succede se scoppia il virus letale nel governo

Il Conte II non si sente bene. Con tutti gli sbalzi di temperatura di quest’inverno bizzarro, un po’ estate e un po’ bora triestina, ha preso qualche malanno. La cui natura, però, è ancora sconosciuta. Potrebbe essere un’influenzella. Ma c’è qualcuno che diagnostica addirittura un coronavirus.

In verità le paturnie contagiose sembrano partire tutte dall’interno: Renzi, il più critico, addirittura è l’homo faber del governo, e i grappoli di fronde sparsi qua e là, tutti di grilli delusi, dichiarano per il momento di restare comunque nel perimetro della maggioranza. Insomma: se scoppia il virus letale può mettere in discussione il destino personale di uno solo, l’inquilino di Palazzo Chigi. Non del piccolo popolo dei 945 abitanti dei villaggi Montecitorio e Palazzo Madama. È difficile, infatti, pensare che prima del referendum si possa dichiarare la fine della legislatura, che potrà contare sull’appoggio certo di “responsabili e volenterosi” a vario titolo, accomunati dall’impulso di vita di chi oggi è protagonista di un’avventura irripetibile, regalatagli da una congiunzione astrale che capita una volta ogni cent’anni.

Per capire meglio basterebbe scorrere le cifre del turn-over nel Parlamento italiano nelle ultime due legislature, pari al 66-67%: il che significa che su dieci parlamentari in carica oggi solo tre potrebbero aspirare alla lotteria della riconferma, dovendo, peraltro, scontare anche la probabilissima punizione, autoindotta, del taglio dei deputati e senatori.

A spanne, dunque, chi è oggi in Parlamento avrebbe, dopo la conferma della riforma costituzionale, una possibilità statistica di rientro pari al 15-17%. Un po’ poco per accettare di far finire la legislatura trentasei mesi prima.

Dunque per il momento le elezioni anticipate non sono alle viste perché l’aver piazzato il referendum costituzionale il 29 marzo ha significato concretamente impedire ogni possibilità di tornare al voto prima dello svolgimento della consultazione popolare, per eleggere, oltretutto, un Parlamento nel formato attuale, con indubbio beneficio per le formazioni medie e piccole. Peraltro, il problema del governo non è di contenuto programmatico, pur rilevante, per i palati più sofisticati: di questi tempi il contenuto viene messo sempre in coda al primum vivere.

Il problema che vede convergere la paturnia renziana con quella dei grilli sparsi, è, ridotto all’osso, di “questo” assetto di governo, che si vuole rimuovere per crearne uno nuovo. Come andrà a finire lo vedremo nel breve. Di certo, però, c’è che l’equilibrio politico nazionale, soprattutto se il referendum costituzionale dovesse approvare il taglio drastico dei parlamentari, sembra disegnare un nuovo assetto bipolare, che consegna al Pd il ruolo di egemone nell’area sinistra e alla Lega il simmetrico compito di aggregatore a destra, spazzando via possibilità terze (leggi centriste). Vedremo, dunque, come interpreterà questo nuovo tempo Italia Viva.

Nel frattempo non chiedete agli eccellenti laboratori di analisi dello Spallanzani se si tratta d’influenza o di coronavirus. Quella che ha preso il Conte II, intendo.

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