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Da Ralph Lauren a Versace. Così il coronavirus contagia i conti (globali) della moda

La festa della moda a Milano, la Fashion Week femminile, è stata inevitabilmente colpita dall’arrivo del coronavirus in città. Molti brand hanno deciso di andare avanti (the show must go on!), altri si sono adeguati alla paura e hanno sfilato a porte chiuse o hanno predisposto showroom virtuali.

Purtroppo, questi sono solo i primi – e più lievi – effetti del coronavirus nel settore della moda. I brand Ralph Lauren e Versace hanno annunciato perdite per centinaia di milioni di dollari a causa del coronavirus. Ma secondo un reportage di Vogue Business, i numeri complessivi sono più allarmanti: il settore della moda, a livello globale, perderà circa 40 miliardi di euro.

Uno studio dell’associazione di aziende di lusso Altagamma, sviluppato insieme a Boston Consulting Group e Bernstein, ha previsto una caduta di circa 15% nei guadagni dell’industria. La situazione più grave affrontata dal settore dalla crisi del 2008, si legge sul Financial Times.

Il motivo? Il peso che ha guadagnato la Cina nel settore come motore produttivo e di vendite. Il calo di consumi e affari in Asia a causa delle misure preventive contro la diffusione del coronavirus, ma anche gli acquisti dei clienti asiatici in giro per il mondo. I consumatori asiatici del settore della moda e il lusso rappresentano un terzo del totale globale. Nel 2019, i clienti cinesi hanno comprato il 40% dei 281 miliardi di dollari prodotti dalle vendite del settore lusso a livello globale (fonte Jefferies). Ma non solo: sono stati responsabili dell80% della crescita del settore, principalmente nei fatturati di Lvnh (gruppo Louis Vuitton e Christian Dior) e Kering (Gucci e Ysl).

Capi, accessori e altri prodotti, quindi, potrebbero restare invenduti negli scaffali ai tempi del coronavirus, provocando perdite per 15 milioni, solo in Cina. Le aziende stanno preparando, da ora, alcune strategie per ricollocare la merce e concentrarsi sull’online, e hanno fermato l’apertura di nuovi negozi. Saranno anche ridotti orari, personale e pubblicità. Monclear ha comunicato ad analisti e investitori che sono stati congelati gli invii in Cina e deviati in altre regioni dell’Europa.

La situazione rischia di prolungarsi nel tempo. Secondo Vogue Business, gli equilibri nel business della moda potrebbero non tornare prima del 2021: “I manager del lusso intervistati sono ottimisti, ma a lungo termine. La maggioranza di essi spera di recuperare e raggiungere gli obiettivi fissati prima del virus, l’anno prossimo”.

Alcune categorie di accessori, come orologi e borse, potrebbero recuperare le perdite quando tutto tornerà alla normalità, secondo Vogue Business. Le più colpite, invece, saranno le collezioni stagionali che non si potranno più vendere con il cambio di temperatura. Ci sono dubbi sulla possibilità di presentare in tempo le collezioni autunno-inverno.

“Se tutto va bene – ha spiegato Luca Solca di Bernstein -, il secondo semestre del 2020 andrà molto meglio, ma per ora dobbiamo essere consci che questa situazione è molto negativa per quando riguarda la domanda dalla Cina a livello globale”. E globale, perché molte aziende americane dipendono dal colosso asiatico. Tiffany, ad esempio, ha duplicato le entrate grazie alla Cina, secondo i dati rilevati dall’agenzia Moody’s.

Ma le compagnie di lusso non sono le uniche a soffrire. Adidas ha comunicato che le vendite in Cina sono cadute dell’85% rispetto al 2019, mentre Under Armour ha dichiarato di perdere 60 milioni di dollari di vendite dall’arrivo del virus in Asia. H&M e Inditex hanno ridotto gli effetti di questo momento di difficoltà perché avevano già diversificato la produzione in Africa e Turchia.

L’Italia subirà anche un duro colpo. Per la Camera Nazionale della Moda Italiana le esportazioni cadranno per circa 100 milioni di euro nel primo trimestre o fino a 230 milioni nel semestre se la crisi continua.

Foto: Maison Artc – Instagram

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