Il Congresso del Partito Democratico si avvicina e a Largo del Nazareno c’è fermento. Nonostante la pressione di Matteo Renzi che ha coniato in proposito un nuovo hashtag, #Guglielmofissaladata, non c’è ancora nessuna certezza su quando sarà di preciso l’atteso appuntamento. Anche se il segretario traghettatore ha promesso entro l’anno. Così sono già iniziate le grandi manovre in casa Pd. E anche se l’ultima moda tra i democrats è quella di dire no alle correnti, c’è tutta una nuova geografia delle componenti interne da scoprire.
Al centro del campo di battaglia c’è Renzi. Il sindaco di Firenze non ha ancora sciolto la riserva, “prima voglio sapere le regole, questa volta non mi fregano”, ma la partita è tra pro e contro di lui.
I fedeli di Bersani
A condurre il fronte degli anti-renziani c’è il suo vecchio sfidante delle primarie, Pier Luigi Bersani. I suoi fedelissimi però si assottigliano e il documento presentato ieri “Fare il Pd” non presenta nessuna firma in calce perché, dicono, ne ha raccolte troppo poche. I promotori del manifesto vogliono cambiare le regole delle primarie in senso federale e combattono l’idea del partito “con un uomo solo al comando”. In una parola appunto, anche se loro si affrettano a dire che non è così, il loro bersaglio si chiama “Matteo”.
I Giovani turchi si dividono
Tra i firmatari, c’è anche Stefano Fassina. Il viceministro faceva parte della corrente del Pd chiamata “Giovani turchi”, descritta minuziosamente dal giornalista dell’Unità Francesco Cundari nel libro “Manuale del giovane turco”. Una corrente oggi divisa visto che l’altro protagonista, Matteo Orfini, ha preso le distanze dal progetto bersaniano: “Il Pd è rimasto ostaggio della propria piccola oligarchia – ha scritto in un editoriale su Left Wing – del proprio patto di sindacato interno, incapace di scegliere dove collocare se stesso. Il partito solido di Bersani si è dimostrato evanescente quanto il partito liquido di Walter Veltroni”.
I bersaniani ribelli
E a prendere le distanze da Bersani, ci sono anche degli ex sostenitori del segretario, come Alessandra Moretti che ha firmato ieri insieme ad altri 39 parlamentari un controdocumento per denunciare le pratiche correntizie in voga nel Pd.
I renziani crescono
Moretti e Orfini si starebbero avvicinando verso quello che prima era per loro un nemico, Renzi. Il fronte renziano cresce e non conta più solo la quarantina di deputati e dozzina di senatori della prima ora.
I dalemiani ora tifano per Renzi
Anzi, a tifare per Renzi c’è anche una corrente inaspettata come quella dei dalemiani. A descrivere la convergenza parallela tra l’ex presidente del Consiglio e il sindaco di Firenze ci pensa Claudio Cerasa del Foglio che conia l’acronimo “Renzema”. I due si sarebbero avvicinati in nome della comune lotta all’idea di leadership predicata da Bersani. Sì al carisma, no alla ditta sembrano dire all’unisono. Ma tra i renziani c’è comunque prudenza verso questo endorsement che potrebbe rivelarsi uno sgambetto.
I veltroniani e i franceschiniani
Nello strano fronte tra rottamatore e rottamati, si unisce anche Walter Veltroni, che ha sostenuto pubblicamente Renzi come “miglior candidato premier”. Ai veltroniani si aggiungerebbero anche i franceschiniani. Il loro leader Dario Franceschini, oggi ministro per i rapporti con il Parlamento, ha sempre speso parole di stima per “Matteo, principale risorsa per vincere le elezioni”.
I lettiani attendono
Si trovano quindi tra due fuochi i lettiani che, come il loro leader Enrico Letta, hanno imparato bene l’arte del mediare. Da una parte Bersani, di cui Letta era vice, combatte Renzi, anche senza avere ancora un nome forte da opporre alla sua candidatura (Nicola Zingaretti si è sfilato). Dall’altro l’amico “Matteo” che scalpita ma promette fedeltà al premier.
“Chi pensa che noi rinverdiremo antiche storie di galli nel pollaio, ha sbagliato film”, ha detto Letta a Firenze, riferendosi alla presunta sfida tra lui e Renzi. Ma a giudicare da questa mappa, i galli nel pollaio del Pd sono molti di più.