Il Covid-19 con la sua avanzata globale ed il fermo di produzione che ha determinato in Cina, sta letteralmente paralizzando le economie di varie zone del pianeta con conseguenze che ad oggi risultano ancora difficili da quantificare.
L’unico lato positivo di questa situazione è che ci costringe a ripensare l’attuale modello industriale occidentale e nello stesso tempo, ci impone di dotare il prossimo bilancio dell’Unione europea di uno strumento flessibile (uno scudo europeo) che consenta una reazione in “tempo zero” alle grandi crisi globali.
La prima domanda che dovremmo farci è se abbia ancora senso continuare ad utilizzare il modello di produzione che da circa vent’anni l’Occidente sta adoperando, un modello che prevede la concentrazione di una vasta fetta di produzione industriale in Cina, la quale è di fatto diventata la “fabbrica del mondo”.
Il costo di produzione, molto più basso in quel Paese di quanto sia in Europa o in America, consente di realizzare importanti profitti ma il sistema che ne deriva determina conseguenze tossiche per il pianeta (la Cina è il primo inquinatore al mondo in termini di emissioni) e dannose per le economie nazionali (perdita di produzione, perdita di know-how, furti di tecnologia, impoverimento di vaste aree, spopolamento, emigrazione di risorse altamente formate, ecc.).
Senza contare il fatto che l’aver messo nelle mani di un unico soggetto tutta la tecnologia moderna espone le imprese e gli stessi Stati nazionali ad una rischiosa dipendenza (vedasi caso Huawei) e determina conseguenze geopolitiche molto serie (vedasi il ruolo della Cina in Africa).
L’Europa deve immaginare incentivi, molto più forti di quelli esistenti, per riportare nei propri confini la produzione industriale e smarcarsi dalla dipendenza cinese.
L’Unione europea ha un’importante occasione per cominciare a cambiare concretamente il sistema, la formulazione del bilancio unionale per il cosiddetto periodo di “Programmazione 2021-2027”.
Il bilancio europeo o Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, è attualmente in discussione nell’ambito dei cosiddetti “triloghi” ovvero tavoli di mediazione tra la Commissione europea (che ha redatto la prima bozza del bilancio), il Consiglio ed il Parlamento europeo.
Le difficoltà del bilancio 2021-2027 riguardano due aspetti, quello finanziario che deriva dall’uscita del Regno Unito e la conseguente riduzione di entrate nel bilancio europeo, quello politico che vede la contrapposizione tra gli Stati che vogliono un’Unione “light” (che pesi poco sulle casse nazionali) e gli Stati che invece vogliono un’Europa con politiche (agricola, coesione, ecc.) più ambiziose.
La dimensione del bilancio, nella proposta della Commissione europea, è di circa 1.279 miliardi di euro pari all’1,11% del Reddito nazionale lordo ai quali si aggiungono circa 29 miliardi di euro al di fuori dei massimali del Qfp, per un ammontare complessivo di circa 1.308 miliardi di euro.
La proposta del Consiglio elaborata sotto la Presidenza finlandese mira a ricondurre la dotazione complessiva del Qfp 2021-2027 in una forbice compresa tra l’1,03% e l’1,08% del Pil europeo, corrispondenti a 1.050-1.100 miliardi di euro a prezzi costanti in termini di impegni mentre il Parlamento disegna un’Unione forte dotata di un bilancio di 1.324,1 miliardi di euro a prezzi 2018, che rappresenterebbe 1,3% del Rnl dell’Ue-27.
Per comprendere la necessità di un’Unione europea forte, basterebbe dare un’occhiata (anche veloce) allo studio elaborato dall’European Parliament Research Center, secondo il quale nel 2035 non ci sarà nessuno Stato europeo nel G8 e l’Unione europea sarà solo la quarta economia al mondo (dopo Cina, America e India).
L’Europa deve quindi dotarsi di un bilancio che sia non solo forte ma anche flessibile, che sia in grado di rispondere velocemente alle crisi ed ai mutamenti improvvisi, di dimensione planetaria, e proteggere cittadini ed economie rispetto ad eventi quali il Covid-19.
Lo strumento da utilizzare è necessariamente di natura finanziaria, un “European shield” da inserire nel bilancio europeo al di fuori dei massimali del Qfp 2021-2027, senza nulla togliere alle risorse del Fondo di Solidarietà o a quelle del Fondo di adeguamento alla globalizzazione.
La somma attuale per gli aiuti di urgenza, pari ad appena 4,2 miliardi (per 27 Stati ed un periodo di dieci anni) è ridicola.
Lo “Scudo europeo” deve avere una dotazione pensata per fronteggiare emergenze planetarie e non solo interne (in particolare nei settori di sanità ed economia), come tale dovrebbe essere dotato di almeno 20 miliardi di euro.
Il Covid-19 ci rammenta che siamo fragili e che proprio adesso dobbiamo onorare il senso profondo del motto dell’Europa, “Uniti nella diversità”, perché in momenti come quello che stiamo vivendo con il coronavirus, vale il principio enunciato dal titolo di un famoso romanzo: “Nessuno si salva da solo”.