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L’Italia proponga all’Europa i solidarity bond. La proposta di Federico Carli

“L’attuale fase di emergenza, dovuta al propagarsi del coronavirus, ci obbliga a ripensare al funzionamento dell’Europa e il ruolo che l’Italia può giocare anche favorendo l’emersione di nuove soluzioni. Per questo il nostro Paese può farsi portabandiera in Europa di un programma di sostegno dell’economia di ampio respiro che venga finanziato con l’emissione di eurobond solidali”. A lanciare la proposta è l’economista Federico Carli, presidente dell’Associazione Guido Carli che, in quest’intervista a Formiche.net, offre una proposta per andare oltre la gestione del covid-19. “Possiamo chiamarli solidarity bond, una versione declinata rispetto all’idea lanciata nel 2011 da Romano Prodi e da Alberto Quadrio Curzio, ovvero delle obbligazioni emesse dai singoli Stati nazionali ma garantite da tutti i Paesi dell’Unione che servono a finanziare le spese legate al virus sia nel campo sanitario che alle ricadute economiche, anche perché il coronavirus non guarda in faccia nessuno, oggi è in difficoltà l’Italia ma, domani, potrebbe esserlo qualsiasi altro Paese del Vecchio Continente”.

Anche la Germania ha annunciato nuovi focolai e teme per la sua economia…

Esatto. A meno che non vengano attuate decisioni tempestive e misure molto profonde, Italia e Germania si avviano ad entrare in recessione con le conseguenze sociali e politiche che possiamo immaginare. Credo che pensare di contrastare questo rallentamento eccessivo dell’economia attraverso trasferimenti e sgravi fiscali sia una misura non all’altezza della situazione che stiamo vivendo. Quello di cui c’è bisogno per dare slancio all’Europa è garantire un maggiore coordinamento delle politiche economiche degli stati membri e realizzare finalmente un piano d’investimenti di largo respiro.

Per questo lei propone i solidarity bond?

Partiamo dal problema contingente, di come trovare finanziamenti per contrastare in campo sanitario ed economico il propagarsi del coronavirus. Ma l’obiettivo deve essere quello di estendere queste misure, cessata la fase di difficoltà, anche ad altri campi, ad esempio andando a finanziare una vasta realizzazione di opere pubbliche per dare un impulso concreto alla crescita e quindi una risposta reale ai problemi di disoccupazione e di bassi salari che affliggono l’Europa.

Quali sono i vantaggi di questi strumenti finanziari?

Gli eurobond servono anzitutto alla stabilizzazione dei debiti pubblici dei singoli stati con un effetto di scoraggiamento nei confronti della speculazione, la riduzione dei tassi d’interesse necessari a rifinanziarli e sono uno stimolo tangibile alla crescita e all’occupazione nell’area dell’euro.

Eppure se ne parla dal 2011 e molti paesi, Germania in testa, sono refrattari all’idea…

Un programma di questo tipo non minerebbe la stabilità finanziaria del continente che anzi ne risulterebbe rafforzata perché noi ci riferiamo al finanziamento di investimenti e non di spese correnti. Uno schema del genere supererebbe le diffidenze dei paesi del centro e nord Europa nei confronti di quelli mediterranei visti come spendaccioni e volti alla spesa facile.

Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio infatti hanno rilanciato la loro proposta…

Sì in particolare il punto da sottolineare è che l’Unione Europea già possiede gli strumenti per attuare un programma di finanziamenti per dieci anni che fanno crescere di 500 miliardi l’anno gli investimenti senza rischi per la stabilità finanziaria del Continente. Dunque, dall’emergenza sanitaria può nascere un nuovo slancio per l’Europa che attraverso l’implementazione di queste misure tecniche dia vita a un rinnovato cammino verso l’Unione politica.

Che poi è ciò che è mancato in questa fase di emergenza. Tutti si chiedono: dove è l’Europa?

Sì, il coronavirus ha messo a nudo la mancanza di una cabina di regia europea su un’emergenza che non è solo sanitaria. Ma ripeto questa può essere l’occasione per realizzare quel passaggio immaginato nel 1991 dal cancelliere Helmut Kohl quando disse ora che stiamo andando verso l’unione monetaria, dobbiamo fare quella politica.



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