Non si parla in Italia di uno degli effetti politici ed economici del “coronavirus” in Cina: la dissidenza, rimasta in quello che fu il Celeste Impero, sta rialzando la testa. È un segno concreto di come il regime di Xi Jinping si stia rapidamente indebolendo a ragione degli errori commessi nel gestire un’epidemia che, a livello mondiale, sta diventando pandemia. Il Partito Comunista Cinese sta preparando un volume da diffondere in milioni di copie in edizioni in varie lingue (mandarino, russo, inglese, francese, spagnolo ed arabo) intitolato “La battaglia contro l’epidemia: come la Cina combatte il Covid-19 nel 2020”. Il testo è, naturalmente, pieno di elogi nei confronti della Luce Illuminata che guida il Paese. Un sinologo come Geremie Barmé sottolinea come sia un segno eloquente di debolezza: nella Città Proibita si è consapevoli di avere non solo gran parte del mondo contro la Cina per non avere bloccato in tempo il virus, nonostante gli avvertimenti dei suoi propri specialisti, ma anche di avere gran parte della propria popolazione contro il regime. Si sa pure che la macchina repressiva funziona solo sino ad un certo punto e che il covid-19 può avere per il vasto Paese un effetto simile a quello che Chernobyl ebbe per l’Urss: segnare l’inizio della dissoluzione.
Per questo motivo sta allentando la presa nei confronti dei dissidenti che sono rimasti nel Paese (molte delle voci critiche sono fuggite all’estero). Lo si legge nella stampa di Hong-Kong e soprattutto di Singapore. “È da più di dieci anni, ossia dai tempi della Carta 08, redatta da Liu Xiabo e da altri intellettuali per chiedere riforme economiche e politiche – scrive The Straits Times – che non si respira un’aria simile”.
Il dissidente, al tempo stesso più cauto e più mordente, è Xu Zhangrun, autorevole cattedratico all’Università Tsinghua di Pechino. Dal 2016 scrive saggi per sottolineare i pericoli che la Cina corre se non realizza importanti riforme politiche ed economiche e non riduce il ruolo del Partito Comunista nel governo del Paese. I suoi lavori sono molto diffusi e letti, anche se qualche volta vengono bloccati o tagliati dalla censura. I censori, tuttavia, hanno lasciato passare frasi come questa: “Il prezzo dell’egocentrismo di Xi Jinping viene pagato da tutta la Nazione”. Oppure questa: “Ci dobbiamo chiedere come mai un Paese grande come la Cina, dopo essere stata rovinata una volta dal culto della personalità (il riferimento a Mao è evidente- n.d.r.), sia caduto una seconda volta nella trappola del medesimo culto”. Oppure ancora: “La vita politica della Nazione è in uno stato di collasso ed il cuore etico della Cina minaccia di sparire”. Queste ed altre frasi sono inserite in dotti testi di diritto pubblico che raggiungono migliaia di studenti, oltre che la popolazione in senso lato. Riescono ad essere scritte e stampate perché l’autorevolezza di Xu Zhangrun, che ha formato migliaia di mandarini dell’attuale classe dirigente, è tale che sino ad ora gli è stato risparmiato il carcere e l’esilio. I mandarini, come tutti gli altri burocrati, sanno annusare quando un autocrate (Xi Jinping, per l’esattezza) è in difficoltà ed è bene prepararsi a saltare sulla scialuppa del successore.
Altra voce dissidente che sta riapparendo è quella di Xu Zhyong, un giovane blogger che ha fatto quattro di galera per “organizzare assemblee e disturbare l’ordine pubblico”. Sa essere anche violento: “Dove credi, Xi Jinping, che stai portando la Cina? Non ne hai la più pallida idea. Parli di Riforme e di Apertura ma stai tentando di fare resuscitare i cadaveri del marxismo-leninismo”. Ed ancora: “Per ‘preservare la stabilità’ la Pubblica Sicurezza di Wuhan ha minacciato e denigrato i medici che avevano rivelato la verità sul corona virus”. Da una settimana circa il blog di Xu Zhyong tace: può essere che il nostro soggiorni ancora una volta in carcere.
Stanno, però, emergendo altri blogger e saggisti. L’Imperatore è nudo.