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Così lo stop dell’Italia colpisce l’industria globale della moda. I numeri di Vogue Business

Mentre la Cina sta gradualmente tornando alla normalità, con circa l’80% dei centri commerciali e negozi aperti, l’Italia è ferma. Con il nuovo decreto emanato dal governo per fronteggiare la diffusione del coronavirus, gran parte delle aziende italiane sono impossibilitate a svolgere normalmente la propria produzione, specialmente del settore moda.

Da Gucci ad Armani, i principali brand di moda internazionali hanno deciso di cancellare gli eventi per la presentazione delle collezioni Cruise 2020 programmate per i prossimi mesi a Los Angeles, Dubai e Tokyo. Lo show organizzato da Giorgio Armani a Dubai dal 19 al 20 aprile è stato spostato ad ottobre, mentre Versace e Gucci hanno entrambi annullato i loro spettacoli negli Stati Uniti, originariamente previsti maggio. Prada ha cancellato totalmente la presentazione Cruise di maggio a Tokyo.

Ma non solo… Anche molte fiere sono state annullate per colpa del virus. L’importante salone sul packaging Luxe Pack Shanghai è stato spostato da aprile a luglio, mentre la mostra di profumeria d’arte Esxence a Milano è stata rimandata all’anno prossimo. SXSW, una conferenza sulla tecnologia ad Austin, in Texas, era prevista a fine marzo ed è stata cancellata, provocando molte perdite per l’economia locale.

Un reportage di Vogue Business spiega perché, nonostante l’epidemia sia sotto controllo in Asia, le dinamiche del settore moda e lusso saranno ancora sconvolte.

“Fabbriche italiane in quarantena – si legge nel testo -. Le linee di approvvigionamento di moda di lusso da Bergamo a Prato sono state immerse nell’incertezza questa settimana poiché il governo italiano ha imposto un blocco sul territorio nazionale almeno fino al 3 aprile”. Vogue Business ricorda che la misura era rivolta, inizialmente alle principali “province manifatturiere del Nord, che rappresentano fino al 60% della produzione tessile e dell’abbigliamento in Italia, e aveva già suonato un campanello d’allarme per l’economia del paese, che ora sarà ulteriormente colpita”.

Secondo JP Morgan Research l’economia cinese aumenterà del 15% da aprile a giugno, rispetto al trimestre precedente perché la Cina sembra essere tornata al lavoro. Vogue Business sostiene che “dalla fabbrica al centro commerciale, i cinesi stanno riprendendo cautamente il lavoro. Più dell’80% dei centri commerciali e dei supermercati nelle città di primo livello come Shanghai, Pechino, Guangzhou e Chengdu sono aperti, da quanto suggerisce la ricerca di dati Baidu”.

Ma la crisi coronavirus spazzerà comunque non poche risorse: si calcola che andranno persi 9 miliardi di dollari dal mercato globale duty-free nel 2020, una caduta equivalente del 12,4% secondo l’agenzia di analisi di dati GlobalData. “La regione dell’Asia del Pacifico è probabilmente la più colpita – si legge su Vogue Business -. GlobalData ha affermato che i marchi di lusso e gli operatori di cosmetici saranno i più grandi perdenti, vista la loro dipendenza dai consumatori cinesi ad alta spesa”. E anche, bisogna aggiungere, dalla produzione made in Italy.

Chris Meekins, analista di politica sanitaria per la banca di investimento Raymond James, crede che i mercati hanno sottovalutato l’impatto della crisi coronavirus: “Peggiorerà ancora prima che migliori”. Il virus, inevitabilmente, potrebbe trasformare il modo in cui funziona il mondo della moda in Cina, ma non solo…



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