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Perché in Italia non ci sono abbastanza medici e infermieri. Il commento di Aldo Brancati

Di Aldo Brancati

Non è certamente il caso di sollevare critiche o problemi nel momento in cui, da ogni parte della pubblica opinione e da ogni ambiente scientifico, viene segnalata l’esigenza di non alimentare con polemiche inutili il dibattito sulla drammatica diffusione del coronavirus e sulle gravissime conseguenze sul piano economico che ne derivano. Ogni attenzione deve infatti essere riservata esclusivamente sull’osservanza delle direttive prudenziali emanate finalmente dal nostro governo. Tuttavia ritengo mio dovere quale ex Rettore di una importante Università, ed anche e soprattutto in quanto medico, lanciare un accorata protesta per denunciare, in questo tempo di crisi, il sostanziale fallimento di una sciagurata Legge del ’98 che avrebbe dovuto razionalizzare e disciplinare i delicati e complessi rapporti tra il personale del Servizio sanitario nazionale (Ssn) in relazione ai compiti di gestione affidati alla competenza dell’Autorità sanitaria regionale ed il Sistema universitario nazionale(Sun).

Come è largamente noto, le Facoltà di Medicina provvedono alla formazione del personale sanitario la cui programmazione, in termini di medici, di specialisti, di infermieri e di quanto altro è in funzione servente rispetto alle esigenze del buon funzionamento dell’intero Servizio sotto il profilo scientifico ed organizzativo.

Ed è questo un compito fondamentale dello Stato centrale, che si esercita attraverso l’attività di vigilanza e di indirizzo di stretta competenza dei ministeri della Ricerca e dell’Università e della Salute, in riferimento alle Università Statali e a quelle Private riconosciute. Secondo il sistema organizzativo vigente, lo strumento per regolare convenientemente i rapporti tra le Facoltà di Medicina e la rete Ospedaliera, si basa sul dovere delle Regioni di stipulare atti aziendali convenzionati tra gli Ospedali locali e le Università per così utilizzare le strutture assistenziali indispensabili alla formazione del personale medico, specialistico e dell’area sanitaria in genere, senza tuttavia avere né il compito né i mezzi per incidere efficacemente sulla programmazione quali/quantitativa e sul normale ricambio del personale addetto ai servizi ospedalieri e di fatto ignorando le esigenze dei profili di professionalità di cui necessita una struttura sanitaria in continuo aggiornamento.

Di contro, i ministeri dell’Università e quello della Salute, pur avendo il compito e gli strumenti amministrativi programmatori per conoscere e gestire le esigenze ed il fabbisogno di personale di ogni ordine e grado del Ssn, non dispongono degli strumenti per dotare le Facoltà di Medicina delle Università italiane di reparti di degenza e di cura adeguati alla formazione di figure professionali indispensabili al buon funzionamento della rete ospedaliera sia locale che generale.

Ed è proprio tale perniciosa dissociazione tra la formazione statale centralizzata (Facoltà di medicina) e la gestione regionalizzata dell’assistenza, assolutamente necessaria per la formazione del medico e dello specialista, che è responsabile dei danni irreversibili arrecati al Ssn , che proprio per questo oggi lamenta un numero inadeguato di medici e specialisti e di infermieri in grado di fare fronte alla emergenza sanitaria provocata dalla rapida diffusione del virus.

Né vale la giustificazione che una diffusione così veloce ed improvvisa della epidemia non era prevedibile, ove si consideri che il Ssn è da anni in carenza di personale qualificato per la programmazione e la gestione dell’emergenza, come dimostrato dalla chiusura di molti reparti di degenza di moltissimi ospedali italiani.

Pertanto è questo il momento per chiedere, con forza e senza polemiche, al governo ed al Parlamento che, sulla base dell’evidente fallimento di quanto previsto dal D.L. 517, per il futuro, si proceda ad una sostanziale modifica dei rapporti istituzionali tra Università e Regioni, unificandone centralmente le funzioni ed affidando allo Stato centrale la legittima responsabilità della programmazione dell’intera formazione del personale medico.

Con ciò salvaguardando ogni forma di autonomia della rete assistenziale accademica afferente alle facoltà di Medicina delle Università italiane, sganciata e distinta dalla rete ospedaliera regionale.
In altre parole, occorre dotare le attuali Facoltà di strutture assistenziali sotto le direttive politico gestionali centrali del concerto tra il Miur ed il ministro della Salute.



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