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Pmi a rischio, perché il golden power per i giganti non basta. L’appello di Porchietto (FI)

Di Claudia Porchietto

Non basta parlare di rafforzare lo strumento Golden power per fermare la razzia di asset strategici da parte fondi sovrani, fondi di investimento stranieri, grandi colossi esteri, o di altri Paesi europei che parlano di europeismo ma poi praticano il più acceso nazionalismo quando si tratta di cedere il timone di comando delle loro imprese ad imprenditori italiani (Francia docet). Oggi la situazione è ancora più allarmante e la pandemia economica che verrà un minuto dopo che allenterà la presa quella sanitaria, potrebbe essere il colpo di grazia per il sistema imprenditoriale italiano.

Il Golden Power è uno strumento che negli anni passati ha fatto acqua da più parti, tant’è che si ha traccia di un’unica relazione che lo riguarda presentata dal governo al Parlamento, risalente ai dati 2014/2015. Con il tempo la lista delle imprese sfilate all’Italia si è fatta talmente lunga ed imbarazzante che si è pensato di non continuare a produrre neanche i resoconti del mancato utilizzo.

In una fase storica dominata da un’ondata di investimenti esteri i governi di allora hanno risposto con solo 2 decreti con prescrizioni su 30 operazioni notificate e mai si è arrivati a porre il veto. Circa il 47% delle notifiche ha riguardato operazioni nel settore della difesa e della sicurezza nazionale, il 23% le comunicazioni, il 17% l’energia, il 13% i trasporti.

Il mondo sta cambiando velocemente e anche gli strumenti di difesa economica devono aggiornarsi, come del resto stanno facendo competitor come Germania e Regno Unito, così come deve essere ampliato il perimetro delle imprese da difendere; cosa dire di quel mondo di piccole, medie e grandi imprese alimentari, tessili, meccaniche, il made in Italy, che hanno negli asset aziendali marchi, brevetti, know how, portafogli clienti, difficili da reperire? Non sono anch’esse patrimonio da difendere?

Perché limitarsi ai soliti settori strategici difesa, telecomunicazioni, energia? Ma sappiamo quante di queste imprese nel silenzio ogni anno vedono la proprietà passare in mano straniera? Cosa crediamo, che a breve i fondi non arriveranno in Italia a comprare a prezzo di saldo ciò che non abbiamo saputo difendere e tenere in piedi in un momento così difficile?

Non dobbiamo far cannibalizzare il nostro patrimonio, occorre una forte  cabina di regia in Cdp, che attraverso le proprie antenne territoriali collabori con le imprese e individui le situazioni critiche, entri eventualmente e temporalmente nel capitale, aiuti l’impresa a strutturarsi finanziariamente quando usciremo da questo momento di crisi e la accompagni in un processo di crescita con gli strumenti che potremo costruire grazie al pompaggio di liquidità concesso dall’Europa. Non possiamo vanificare l’ultima chance offerta all’Italia, occorre avere un obiettivo chiaro. Altrimenti l’avvio della svendita a prezzi ribassati di ciò che rimane di questo Paese sarà solo questione di tempo.



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