Dimentichiamo, nell’evidenza quotidiana del vivere, il carattere sorprendente della vita. Dimentichiamo, nelle attività prosaiche del vivere, che la vita è poesia, ma dimentichiamo nei nostri momenti euforici che è crudele, terribile, orribile (Edgar Morin, Conoscenza, ignoranza, mistero, Raffaello Cortina Editore, Milano 2018, p. 84)
Ci vuole sempre una sfida per risvegliarci alla realtà. Nel caso di una pandemia planetaria, come quella in corso in queste settimane, ci viene mostrata la faccia peggiore della planetarizzazione dei processi storici. Se siamo interrelati, infatti, lo siamo sia nel bene che nel male. Per cominciare con una espressione di realismo, non è la prima volta che il mondo è percorso da pandemie, non necessariamente sanitarie (si pensi alla crisi finanziaria del 2007/2008), debitamente annunciate. Per cambiare passo e prospettiva, dunque, sono la nostra capacità di leggere i segni dei tempi e la nostra volontà a fare la differenza.
Intanto, dobbiamo ripartire da ciò che siamo (1), parte dell’avventura umana e del vivente complesso nel cosmo. Ciò ci dice, prima di ogni altra cosa, che abbiamo una responsabilità originaria, incarnata e globale (se l’oltre ci appartiene, dell’oltre dobbiamo avere consapevolezza e cura): il noi, in ogni sé, confligge con la realizzazione del sé che diventa oltre-di-sé, liberandosi. Apparente paradosso, è il dato costitutivo della nostra danza vitale. Siamo degli “Io” assoluti e relativi: ognuno è tutto per se stesso, ma niente per il tutto: società, specie, vita, universo (Morin, 2018) (2).
Uomo/Terra/Cielo è la nostra naturale relazione. Siamo parte di una trinità globale (la visione cosmoteandrica di Panikkar). Anche noi, singolarmente, siamo esseri trinitari (Morin, 2018) (3). Quando scriviamo di trinità, concordando con Panikkar (2019), la intendiamo come l’espressione di una pura relazionalità (4).
Il profondo di noi, e di realtà, è relazione, è dialogo; ed è un profondo misterioso e altrettanto conflittuale, un vuoto scatenante che origina (ci origina) e istituisce (ci istituisce). Si badi bene: questa esperienza trinitaria, che comincia in noi, non ci rende esseri tridimensionali, fatti cioè di tre dimensioni sommate l’una all’altra, ma sintesi e rilancio continui di una complessità che si (ri)crea. Se siamo uomo, terra e cielo significa che le nostre tensioni interiori e il nostro agire ci vincolano oltre la nostra semplice esistenza, oltre ciò che crediamo essere il nostro piccolo mondo vitale. Abbiamo una responsabilità più grande, ben più ampia e non possiamo aspettare che siano le norme a ricordarcelo: nel mondo di oggi sembra essere venuto a mancare questo respiro della responsabilità che trasmette respiro alla progettualità. Ma occorre, affinché tutto questo possa diventare prassi, che la nostra volontà – al fine di non assolutizzarsi e, dunque, di non sclerotizzarsi – incontri il nostro essere, reciprocamente, relazioni trinitarie.
Tutto è già in noi, dunque, e lo è originariamente e originalmente. E lo è in maniera mai lineare. Questo tempo pandemico potrebbe essere anche l’occasione di ripensare al complesso del vivente che, troppo spesso e colpevolmente, tendiamo a semplificare, a separare, a tradire. Ci fa paura il profondo di noi, quel luogo silenzioso e conflittuale che, appartenendoci e che ci piaccia o no, dobbiamo affrontare. È un luogo nel quale vivono potenzialità, contraddizioni, limiti; è un luogo nel quale l’ordine si forma nel disordine di tutte le nostre forze in campo. Se mettiamo la testa fuori, sul palcoscenico della storia, avvertiamo – ora più che mai – il bisogno di ritrovare la nostra vocazione (responsabilità) trinitaria.
NOTE
(1) Morin, op. cit. 2018, p. 86, scrive: (…) nessun programma educativo ci informa che la più bella e favolosa conquista delle scienze è stata quella che ci ha rivelato che siamo non solo figli del pianeta Terra, ma figli del cosmo, che portiamo in noi tutta la storia dell’universo della vita (…). A immagine della storia del cosmo e della storia della vita, la storia umana comporta delle creazioni: di società, di Stati, di civiltà, di religioni (buddhismoi, cristianesimo, islam), di credenze (socialismo), di estinzioni (imperi e civiltà) e soprattutto, a immagine della vita, di mutazioni e di metamorfosi (dai clan arcaici di cacciatori-raccoglitori alle società storiche, dall’Europa medievale all’Europa moderna, dalla mondializzazione attuale all’eventuale post-umanità).
(2) Morin, op. cit. 2018, p. 87
(3) Morin, op. cit. 2018, p.p. 86 e 87, scrive: Siamo esseri trinitari, nel contempo individui, momenti/elementi di una specie biologica, momenti/elementi di una società, e queste tre nozioni sono non solo inseparabili, ma ricorsivamente produttrici le une delle altre.
(4) Raimon Panikkar, Tra Dio e il cosmo, Laterza, Roma-Bari 2019, p. 90
(Professore di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)