Skip to main content

Imu e Iva? Troppe tasse ma non sulla casa: i numeri della Corte e del Tesoro

La pressione fiscale effettiva in Italia? Sfiora il 53%, secondo quanto dichiarato in un’audizione alla Camera dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. E le pene non sono finite, se a luglio, come sembra inevitabile, scatterà l’aumento dell’Iva al 22%, sul quale il governo Letta sta studiano una forma di congelamento-sospensione. E sebbene il Pdl ne abbia fatto uno dei suoi cavalli di battaglia (l’abolizione dell’Imu sulla prima casa) dal confronto con gli altri Paesi europei emerge che la tassazione italiana sul patrimonio immobiliare restava comunque al di sotto della media.

L’evasione fiscale

Con la recessione si è arrivati al “ricorso a una sorta di finanziamento improprio delle attività economiche attraverso il mancato pagamento di tributi, per lo più Iva e contributi”. E il fenomeno sarebbe “in crescita, anche se mancano dati”. Per autonomi e imprese da parte dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza c’è “una probabilità di controllo approfondito una volta ogni 20 anni”, ha denunciato Giampaolino. A fronte di 4,9 milioni di soggetti che svolgono attività economiche “il numero di controlli approfonditi” di Entrate e Gdf “difficilmente supera i 200mila all’anno”, ha rimarcato.

Il sommerso e i casi Iva e Irap

L’economia sommersa “ha dimensioni rilevanti, fino al 18% del Pil, e colloca il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria internazionale guidata dalla Grecia”. Giampaolino ha aggiunto che per quanto riguarda l’Iva resta elevata la “propensione a non dichiarare” con una sottrazione di imposta nel 2011 pari a 46 miliardi di euro. “Molto grave”, ha poi affermato, resta anche l’evasione dell’Irap. Per i due tributi “il vuoto di gettito creato dall’evasione stimato dall’Agenzia delle entrate – ha concluso il presidente della Corte dei conti – ammonterebbe nel solo 2011 a 50 miliardi”.

Le raccomandazioni dell’Annul Growth Survey Ue

Il nodo Iva resta quello più doloroso, anche perché, come sottolineato il 12 giugno in Senato dal Direttore generale delle Finanze Fabrizia Lapecorella, “l’Annual Growth Survey della Commissione Europea del 2012 e del 2013 e la letteratura economica internazionale sottolineavano infatti l’urgenza: di promuovere la crescita e la competitività, anche attraverso riforme strutturali in grado di rilanciare l’economia dal lato dell’offerta; di introdurre misure contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi; di spostare il carico del prelievo dal lavoro e dal capitale al consumo e al patrimonio immobiliare in particolare nei Paesi con un’elevata pressione fiscale”. Il contrario, in quanto a quest’ultimo punto, del senso di marcia intrapreso dal governo Letta.

La necessità di spostare il carico fiscale sulla proprietà immobiliare

“L’Italia – ha spiegato Lapecorella – risultava infatti nel 2011 un Paese con un’elevata pressione fiscale (42,5% del PIL), ma anche quello con una bassa tassazione della proprietà immobiliare (0,6% del PIL con riferimento alle imposte ‘ricorrenti’). Spostare il carico fiscale verso ciò che è ‘immobile’ e contestualmente migliorare gli incentivi all’offerta di lavoro e all’attività di impresa appariva urgente e necessario”.

Il confronto con gli altri Paesi europei

“In Italia nel 2011 il gettito relativo alle imposte ricorrenti sulla proprietà immobiliare era relativamente basso (0,6% del PIL in Italia, a fronte del 2,5% in Francia, 3,3% in Regno Unito, 2,9% negli Stati Uniti). L’abitazione principale gode di un regime tributario di favore anche rispetto agli altri principali paesi europei (Francia, Spagna, Germania e Regno Unito) che pure agevolano il possesso dell‟abitazione principale”, ha concluso il Direttore generale delle Finanze.


×

Iscriviti alla newsletter