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Prospero e Travaglio lite da condominio su Togliatti

A star dietro al ‘botta e risposta’ tra un forbito filosofo, Michele Prospero ed un gionalista agguerrito e documentato, Marco Travaglio, sul ruolo che ebbe, prima e dopo la Resistenza, e soprattutto nel delicatissimo passaggio dal Ventennio alla Repubblica, Palmiro Togliatti, sembra di assistere piu’ che a una disputa culturale e storica, ad una lite da condominio. Di quelle, cioe’, dove i veri ‘nodi’ e ‘snodi’ dell’opera del ‘cinico e freddo’ Migliore, non vengono minimamente toccati ne’ dall’uno, Travaglio, che si limita al rapporto fideistico risaputo con Stalin e alla guerra civile spagnola dove furono uccisi anarchici e socialisti accorsi al grido dei fratelli Rosselli “oggi in Spagna, domani in Italia”, in difesa della Repubblica spagnola assediata dal fascista Franco, ne’ tanto meno dall’altro, Prospero, che replica, infastidito da cosi’ poco, difendendo l’operato di Togliatti. Quali sono i ‘nodi’ e gli ‘snodi’ accuratamente non toccati? Innanzitutto il ruolo – assolutamente negativo – di Togliatti sull’intera vicenda umana e politica di Antonio Gramsci: “un cervello da spegnere” in carcere per Mussolini ma anche per ‘il Migliore’ che nulla fece per liberarlo! Oggi, grazie ad illuminanti testi editi da Donzelli, come: ‘Il Principe Moderno’ di Carmine Donzelli; ‘I due carceri di Gramsci’ e ‘L’enigma del quaderno’, entrambi dello storico Franco Lo Piparo, si hanno assai piu’ elementi sui profondi dissidi politici tra Gramsci e Togliatti sul regime staliniano e soprattutto sull’opera mistificatoria e manipolatoria di Togliatti nel diffondere le opere di Gramsci eletto antesignano della ‘via italiana al socialismo’ inaugurata all’indomani della Repubblica, ossia della svolta democratico-parlamentare del Pci che si risolse nel consociativismo e nel compromesso storico con la Dc. Ancora, la svolta di Salerno del ’44 per ‘il governissimo’ con il monarco-fascista Maresciallo Pietro Badoglio, in ragione della pacificazione nazionale; la fine assai prematura del governo dell’azionista Ferruccio Parri; il voto a favore dell’art. 7 della Costituzione con l’elevazione a norma costituzionale dei famigerati Patti Lateranensi del ’29 con cui la Chiesa legittimo’ il Regime fascista e che Gramsci defini’ “la capitolazione” dello Stato; il decreto di amnistia, steso di suo pugno come Guardasigilli nel ’46, per  i reati commessi nei Ventennio dai fascisti e dai collaborazionisti; la scelta sofferta per il referendum tra Repubblica e Monarchia. Successivamente la copertura totale dei crimini staliniani, nonostante la denuncia al XX° Congresso del Pcus da parte di Nikita Kruscev quindi la sollecitazione e relativa approvazione dell’invasione dell’Ungheria da parte dei tank sovietici. Con la tragedia del 1956, che seguiva i fatti altrettanto tragici di Poznam in Polonia, si consumo’ l’opera di denigrazione, simile a quella di Gramsci, nei confronti del leader della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, per averla esplicitamente condannata: Togliatti scrisse al Pcus accusando Di Vittorio di aspirare alla segreteria del Pci. “[…] Vi sono gruppi che accusano la direzione del nostro partito di non aver preso posizione in difesa dell’insurrezione di Budapest e che affermano che l’insurrezione era pienamente da appoggiare e che era giustamente motivata. Questi gruppi esigono che l’intera direzione del nostro partito sia sostituita e ritengono che Di Vittorio dovrebbe diventare il nuovo leader del partito..”. In occasione della ricorrenza dei cinquantesimo anniversario dell’invasione ungherese, nel 2006, fu il ‘giellista’ per formazione, Bruno Trentin a rievocare con uno splendido articolo sull’Unita’ l’intera vicenda ed il ruolo di ‘epuratore’ di Togliatti. Ad abbandonare il Pci per i forti dissensi furono in molti e tra gli altri Antonio Giolitti, il solo che subi’ processi ne’ interni e ne’ tanto meno esterni. Come non bastasse, Togliatti invio’ una missiva a Sandro Pertini per chiedere un’ammonimento nei confronti di Riccardo Lombardi sospettato di essere il capofila dei dissidenti! Tolleranza rispetto al ‘dissenso’ era all’epoca della direzione Togliatti praticamente zero, se non addirittura sotto zero! L’esatto contrario del decreto di amnistia che salvo’ migliaia di fascisti e che porto’ nella Repubblica strutture e dirigenti del Ventennio! Altro che ‘via italiana al socialismo’, dunque…ma mantenimento dello status quo in perfetta sintonia con la Dc e la Chiesa. Ed e’ di questa perniciosa eredita’, divenuta nel tempo metodo e prassi politica, Trentin la chiamava trasformismo, che la sinistra deve liberarsi se aspira ad essere una moderna forza culturale e politica che si riconosce e opera nel socialismo europeo con una sua autonoma identita’: forza culturale e politica, come si diceva un tempo, ‘di lotta e di governo’ per il cambiamento che non ha bisogno di alcun Migliore!



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