Skip to main content

Educazione e formazione, servono nuovi spazi e iniziative. L’appello (urgente) dal Meeting

La centralità della scuola, per lo sviluppo del sistema Italia, è stata certificata anche dalle parole pronunciate da Draghi in apertura del Meeting di Rimini. Il nostro Paese, è cosa nota, nella scuola presenta numeri e dati del tutto ingrati. In Italia infatti solamente il 19 per cento delle persone tra 25 e 50 possiede un’istruzione terziaria, contro una media Ocse del 37 per cento. Siamo tuttavia al terzo posto per numero di Neet, cioè cittadini che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione, con un dato del 26 per cento contro la media Ocse del 14 per cento. Abbiamo poi il triste primato del corpo più anziano, con la quota maggiore di docenti sopra i 50 anni.

I DATI SCORAGGIANTI SULL’ISTRUZIONE IN ITALIA

Ma il dato più scoraggiante è quello che ci vede spendere soltanto il 3,6 per cento del Pil per l’istruzione, contro una media dei Paesi Ocse che si aggira intorno al 5 per cento. E da ultimo, ciliegina sulla torna, gli studenti italiani hanno ricevuto nel 2018 il punteggio più basso in assoluto nei test di valutazione degli studenti in scienza e lettura, mentre siamo giusto nella media per quanto riguarda le prove di matematica. Il problema è perciò evidente fin dal principio: i pochi investimenti complessivi in istruzione e formazione, il gap tra scuole del nord e del sud, la scarsa attenzione alla formazione nel corso della vita professionale dei lavoratori, la percentuale insufficiente di laureati e quella troppo elevata di giovani disoccupati. Allora la domanda risuona in automatico: perché siamo di fronte a questa preoccupante situazione?

L’INCONTRO ORGANIZZATO AL MEETING DI RIMINI

Ce lo si è chiesto anche nell’ambito dell’incontro organizzato al Meeting di Rimini dall’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà “Nuovi spazi per educazione e formazione, liberare le iniziative della società”, introdotto da Tommaso Agasisti, Professore di Public Management al Politecnico di Milano e membro del Dipartimento Educazione Fondazione per la Sussidiarietà. Ciò che è emerso fin dalle prime battute è che se di fatto, in Italia, l’organizzazione del sistema scolastico ha un approccio uniforme, centralistico, è evidente che le scuole non hanno autonomia di scelta per sperimentare. Che le aziende, prima di mettere in piedi un programma di formazione dei lavoratori, sono costrette a lunghe concertazioni che impongono intricati sistemi di regole. Tutto ciò a discapito, spesso, dello spazio che resta per l’autonomia e la creatività.

IL RISCHIO CHE DALLA PANDEMIA SI ESCA IMPOVERITI, ANCHE A SCUOLA

Se quindi si cerca una soluzione a tutto questo, il dato messo in evidenza dai relatori è chiaro: bisogna capire l’importanza di valorizzare tanto le realtà private quanto quelle pubbliche e del terzo settore che però credono con fermezza, e senza retorica, nel valore del capitale umano e della formazione. E che per questa ragione si adoperano, in maniera seria e concreta, per proporre soluzioni innovative. Il problema però purtroppo, si è spiegato, è che molto spesso la politica guarda con sospetto queste realtà. Per l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli la paura, purtroppo, è che dopo la pandemia “non accada ciò che è accaduto dopo la crisi del 2008: una perdita secca di immatricolazioni universitarie, un aumento della dispersione scolastica e un impoverimento del nostro capitale umano”.

METTERE AL CENTRO DELL’AGENDA POLITICA IL CAPITALE UMANO

Il vero e proprio tarlo culturale, ha infatti spiegato De Bortoli, è che “la cura del capitale umano non è al centro della nostra agenda politica, è in cima alle nostre preoccupazioni etiche ma arriva sempre dopo”. Per la semplice ragione, è lo sfogo del presidente della casa editrice Longanesi, che “investire nei giovani non porta il consenso immediato che invece può portare qualche altra misura che però va contro i giovani”. Considerazione che portano De Bortoli ad affermare che la “classe dirigente privata deve fare un esame di coscienza e chiedersi: ma io sto facendo tutto ciò che è possibile e necessario per promuovere il lavoro e la formazione dei giovani, oppure me ne sto disinteressando?”.

LE COLPE DELLA CLASSE DIRIGENTE SECONDO FERRUCCIO DE BORTOLI

“Io a volte ho l’impressione che la borghesia produttiva e dirigente, che poi manda i figli a studiare all’estero, pensi che alla fine quello che succede nel sistema formativo italiano non abbia grande interesse”, e che quindi “il dovere morale di restituire alle università è molto inferiore a ciò che si riscontra negli altri Paesi”. Mentre invece per De Bortoli bisognerebbe “promuovere un grande movimento per dare borse di studio ai ragazzi, incoraggiare gli apprendistati, fare in modo che le imprese si prendano in carico dei Neet”. Affermazioni che trovano d’accordo il  Segretario Generale Censis Giorgio De Rita. “La scuola è sulla bocca di tutti ma nel cuore di molti pochi”, ha affermato De Rita. “Abbiamo perso di vita la domanda essenziale: a cosa serve la scuola? Negli anni ’50 era una questione al centro del dibattito pubblico, poi l’abbiamo abbandonato negli anni ’70”.

LA DENUNCIA DI GIORGIO DE RITA (CENSIS): “STIAMO PERDENDO CAPITALE UMANO”

Così, ha spiegato De Rita, abbiamo perso di vita nodi strutturali come ad esempio l’abbandono scolastico. Durante il lockdown tra il 12 e il 15 per cento dei ragazzi si sono persi di vista. Sul tema invece dell’abbandono sociale, sappiamo che tra i ragazzi con minori possibilità economiche il 42 per cento non raggiunge livelli minimi di scrittura e lettura, contro il 14 per cento dei ceti più agiati. Ma le questione sono di fatto molte, la lista insomma è lunga. C’è il tema degli stranieri, in numero crescente ma totalmente dimenticati. Quello degli edifici, di cui uno su due non ha agibilità. Infine il problema strutturale della burocrazia, della carenza di infrastrutture digitali, della mancanza di programmazione. Insomma, “stiamo depauperando capitale umano e disinvestendo nella formazione”, ha spiegato De Rita.

GIORGETTI (LEGA): “LA POLITICA DI OGGI HA PENSIERO BREVE”

Per la Capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati Mariastella Gelmini, tuttavia, “il Covid può diventare un elemento positivo se accelera la stagione del riformismo. Dobbiamo trovare il coraggio di cambiare, il momento è adesso”. Per il Vicesegretario Federale della Lega Giancarlo Giorgetti, “le politiche educative sono il terreno del pensiero lungo mentre la politica di oggi ha pensiero breve”, e “non si fanno progetti senza pensiero e visione”. Ad esempio, ha spiegato Giorgetti, “la politica riduce l’educazione alla scuola, ma il progetto educativo parte dalla famiglia e anche da tante altre dimensioni associative”.

MAURIZIO LUPI: “BISOGNA LAVORARE INSIEME, SERVE UN PIANO DI EDUCAZIONE 4.0”

Per il Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà Maurizio Lupi “lavorare insieme in Parlamento non fa notizia ma il tema dell’istruzione deve accomunarci, e per questo abbiamo individuato proposte che vanno approvate dal parlamento: non si capisce perché non possa esserci industria 4.0 e non educazione 4.0”. Per la Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Simona Malpezzi “rilanciare l’autonomia scolastica è uno dei primi modi per combattere la dispersione scolastica. Bisogna cioè garantire pari opportunità ma ogni scuola sia libera di rispondere alle esigenze del proprio territorio. Servono alleanze scuole territorio, ed esiste un sistema di educazione non formale che può lavorare insieme alle scuole”.

TOCCAFONDI (ITALIA VIVA): “SENZA LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE SI RISCHIA IL CAOS”

Per il Vice Presidente della Camera dei Deputati Fabio Rampelli “servono obiettivi strategici, che mancano, e serve più identità”, in quanto “ciò che meglio vende l’Italia nel mondo è la propria cultura”. “Bisogna lavorare sulla visione culturale e spirituale che sovrintende a ogni modello di scuola”, mentre al contrario oggi “la scuola non fa i conti con la vita, i sentimenti, l’amore, l’amicizia e la solidarietà, e non fa i conti con le degenerazioni tecnologiche”, ha spiegato Rampelli. In ogni caso, ha attaccato in conclusione il deputato di Italia Viva Gabriele Toccafondi, “non si può parlare di educazione e tenere le scuole chiuse: il tema della riaperture è fondamentale, altrimenti si rischia il caos”.

×

Iscriviti alla newsletter