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Senso dello Stato (e passione per l’intelligence). Così Mosca ricorda Cossiga

Di Carlo Mosca

Nel volume “Cossiga e l’intelligence” pubblicato nel settembre del 2011 dall’editore Rubbettino e curato dal prof. Mario Caligiuri, affermavo che il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga ha attraversato, con il suo pensiero politico e scientifico, la storia e la vita delle istituzioni democratiche del nostro Paese, facendolo sempre da protagonista, con intelligenza e con determinazione, soprattutto con un elevato senso dello Stato che è senso dell’interesse generale e del bene comune.

Nel saggio che ebbi ad intitolare “Cossiga e il senso dello Stato” colsi un frammento del suo apprezzato e appassionato pensiero che ha avuto il merito di spaziare in campi anche diversi dalla scienza della politica, un frammento relativo ad una sua passione, quella dell’intelligence, un universo di fatti, di uomini e di realtà che egli incrociò sin da giovane e sin da dai suoi primi incarichi di governo.

In effetti, egli si occupò sempre di sicurezza, esterna e interna, sollecitato dallo stesso presidente del Consiglio Aldo Moro che lo invitò a riflettere sulla riforma dell’amministrazione della Pubblica Sicurezza nel periodo in cui fu ministro per le riforme istituzionali. Utilizzò poi le sue profonde conoscenze della macchina burocratica e operativa quando divento giovane e autorevole ministro dell’Interno in un periodo particolarmente difficile per la Repubblica.

Nel trentennio che va dal 1977 al 2007, il Presidente Cossiga ha animato il dibattito politico-istituzionale sul tema delle grandi riforme che investono la sicurezza, la giustizia, la lotta al crimine comune e organizzato, e al terrorismo interno e internazionale.

Egli per la sua sensibilità e la specifica preparazione fu pronto ad accompagnare la prima delimitazione normativa degli ambiti dei Servizi di informazione e sicurezza, sollecito a sostenere la riforma dell’amministrazione della Pubblica Sicurezza e altrettanto attento all’ultima riforma del decennio 1977-1987, quella del nuovo codice di procedura penale e dei nuovi rapporti tra autorità e polizia giudiziaria.

Nel campo dell’intelligence, Francesco Cossiga amava definirsi un dilettante, ma nel significato di chi si diletta di questa delicata materia. In realtà, ritengo che egli sia stato tra i più grandi esperti del settore, non solo in Italia, ma pure all’estero. Ciò per la chiarezza del suo linguaggio, per la raffinata analisi delle sue riflessioni, per la feconda capacità di diffondere la cultura dell’intelligence, per la convinzione che quest’ultima costituisca un indispensabile strumento per difendere la sicurezza nazionale, senza cui nessuna altra funzione potrebbe essere esercitata, neppure quella afferente alla giustizia.

Da tempo sostengo che si deve al Presidente Cossiga se il mondo dell’intelligence è finalmente uscito dal cono d’ombra e ha lasciato dietro di sé quell’immagine negativa dovuta a comportamenti deviati di singoli appartenenti a quel mondo che Francesco Cossiga ha sempre considerato infedeli, distinguendo l’importanza delle istituzioni preposte all’intelligence e avvertendo di tener lontane queste ultime dalle speculazioni politiche, in ragione della loro missione al servizio della Nazione.

Il Presidente Cossiga è stato un vero patriota, un fautore sincero di un patriottismo costituzionale che difende i valori sacri di una patria moderna senza retorica, con un concreto pragmatismo illuminato dalla bussola costituzionale. Fu proprio lui che, tra l’inizio e la fine degli anni novanta, presentò alcuni disegni di legge sulla riforma dei Servizi di informazione e sicurezza, dichiarando l’esigenza di rinnovare il sistema di intelligence di fronte ai mutamenti epocali intervenuti.

Rileggendo le sue relazioni, emerge la limpidezza del Suo pensiero di statista. Potendo contare di meno sui suoi tradizionali alleati a causa del diminuito interesse per il Mediterraneo, l’Italia doveva ritrovare la sua politica estera per definire il modo con cui stare in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo. La scomparsa del mondo bipolare offriva quindi nuove opportunità al Paese, ma la politica estera e di sicurezza doveva ritrovare la sua centralità. Da qui l’esigenza di adeguati strumenti di natura istituzionale e informativi in termini di intelligence e di difesa militare e di sicurezza.

Fu anche grazie agli autorevoli consigli del Presidente Cossiga che si giunse alla formulazione dei dettati legislativi contenuti nella riforma del 2007, caposaldo giuridico di un nuovo e moderno sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.

Nel pensiero di Francesco Cossiga era chiara la convinzione secondo cui maggiore è l’incertezza, tanto più necessaria e’ la disponibilità di un’intelligence e di una security efficiente, sul presupposto che per decidere occorra innanzitutto conoscere, comprendere, prevedere e quindi provvedere. Ed era altrettanto chiaro che i Servizi di intelligence sono indispensabili per l’indipendenza di ogni Stato e per garantire il livello di democrazia reale. In tal senso, l’intelligence doveva diventare globale ed estendere le sue attività al campo politico, economico, scientifico, finanziario, non trascurando i fenomeni migratori, la grande criminalità, il terrorismo, il traffico di droga e la competizione internazionale.

Una riflessione finale. Si deve alle profonde e acute argomentazioni del Presidente Cossiga se la categoria dell’illegittimità sia stata ben distinta da quella dell’illegalità con le evidenti conseguenze in termini di facilitazione al riconoscimento, per gli operatori dell’intelligence, delle garanzie funzionali rese possibili sia da una clausola giustificatoria che dall’adeguatezza sociale.

Personalmente, poi, ho trovato nel Suo pensiero il conforto nel sostenere che la legittimità dei fini corrisponde alla legalità sostanziale che è connaturata alla stessa atipicità delle azioni svolte dai Servizi di intelligence quando finalizzate all’esclusivo interesse della tutela della sicurezza nazionale. Così la legittimità dei fini ha reso lecita l’attività autorizzata degli operatori dell’intelligence, pur quando va aldilà del rispetto formale della legge. Il che è stata un’acquisizione di decisiva importanza per la concreta operatività.

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