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Gli Usa alzano il muro di Berlino digitale contro TikTok e fratelli

Un “muro di Berlino digitale” tra Stati Uniti e Cina sembra oggi più reale che mai. Quartz riprende quell’immagine — e, forse involontariamente, tira in ballo la Germania, il principale partner commerciale (ma anche politico) della Cina nell’Unione europea — che poco più di sei mesi fa, parlando in un evento targato Cnbc al World Economic Forum di Davos, il segretario del Tesoro statunitense Steven Mnuchin aveva respinto.

LA SICUREZZA DEI DATI

Ma la decisione di allargare il progetto “Clean Network”, annunciata dal segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, sembra aver proprio quelle sembianze. Il presidente Donald Trump vuole rimuovere le app cinesi “non affidabili” come TikTok e WeChat dagli store virtuali del mercato statunitense, ha dichiarato il capo della diplomazia statunitense. “Con società madri con sede in Cina, applicazioni come TikTok e WeChat e altre, sono minacce significative per i dati personali dei cittadini statunitensi, per non parlare degli strumenti per la censura dei contenuti del Partito comunista cinese”, ha detto Pompeo durante un briefing con la stampa. Il segretario ha anche aggiunto che il dipartimento di Stato collaborerà con il dipartimento del Commercio e con il dipartimento della Difesa per limitare la capacità dei fornitori di servizi cloud cinesi di raccogliere, archiviare ed elaborare i dati negli Stati Uniti.

LE AZIENDE NEL MIRINO

Nel mirino Usa non soltanto TikTok (che dovrà essere venduta a una società americana come Microsoft oppure verrà vietata nel Paese entro la scadenza del 15 settembre fissata dalla Casa Bianca) e WeChat ma anche Alibaba, Tencent e Baidu. Inoltre, ai produttori di smartphone cinesi come Huawei verrà impedito di preinstallare o offrire download di alcune app. Anche i cavi sottomarini che collegano gli Stati Uniti all’internet globale saranno esaminati dall’amministrazione.

HA VINTO PECHINO?

Quartz evidenzia due elementi. Il primo: l’annuncio rappresenta “un’escalation degli sforzi del Paese di dividere internet tra Cina e Stati Uniti” iniziati dal 5G (il ministero degli Esteri di Pechino ha già accusato Washington di star erigendo “una cortina di ferro”). Il secondo ha a che fare con il precario equilibrio tra la sicurezza nazionale e le libertà: “alcuni temono che la politica tecnologica degli Stati Uniti stia seguendo le orme dei regimi autoritari, che sostengono il concetto di ‘sovranità di Internet’: l’idea che la sovranità di una nazione si estenda dal suo territorio fisico al cyberspazio”. Basti pensare che per anni Pechino ha bloccato le principali società tecnologiche straniere, tra cui Google e Twitter, tramite il suo Great firewall. Perfino le parole usate dagli Stati Uniti sembrano riprendere quelle precedentemente adoperate dalla Cina: Pechino parlava di “campagne di pulizia di Internet” reprimendo contenuti volgari, pornografici o politicamente sensibili; Pompeo ha definito le “cinque pulizie” per spiegare le aree coperte dall’ultima iniziativa dell’amministrazione Trump.

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