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Se agosto dice (ancora) Salvini. L’analisi di Ocone

Il mese è appena iniziato. E anche se la politica è ancora al lavoro, e i problemi del Paese sono sempre più gravi (anche per cause esterne non preventivabili fino a poco tempo fa), rispetto allo scorso agosto, il più pazzo della storia repubblicana, questo si preannuncia molto più calmo. Tuttavia, anche se cambi di governo non sono in vista, e tante circostanze ed equilibri sono nel frattempo mutati in modo radicale, il protagonista è sempre lui: Matteo Salvini.

Questa volta però a porlo in prima fila sul palcoscenico non sono solo le sue idee e la sua energia pratica, ma i comportamenti dei suoi avversari. Che sono quelli di sempre: la sinistra politica e culturale, soprattutto quella che opera nell’informazione; certa magistratura d’assalto; il deep state; le coalizioni al potere in Europa; il premier Giuseppe Conte, che in men che non si dica da alleato di governo si trasformò proprio un anno fa nell’architrave del nuovo equilibrio di potere anti-salviniano. Si può dire che queste forze, tutte insieme coalizzatesi, abbiano deciso proprio in questi giorni di sferrare l’attacco finale al loro nemico, finendo però per porlo al centro delle attenzioni e per farlo apparire per quello che è: l’alternativa a un governo debole, litigioso e in stallo permanente proprio in un momento in cui il Paese avrebbe necessità di scelte coraggiose per rimettere in moto i suoi motori.

Un governo che è presumibile non piaccia agli italiani, nonostante la retorica profusa e certi sondaggi fin troppo generosi che circolano, e che ora deve affrontare una prova non proprio facile e che potrebbe alterarne gli equilibri: quella del voto alle amministrative in ben sette regioni, fra cui la storicamente “rossa” Toscana che, sempre secondo i sondaggisti, sarebbe addirittura in bilico. È in quest’ottica che si spiega il voto del Senato che ha autorizzato a procedere nei confronti del leader leghista su una scelta, solo e squisitamente politica, del vecchio esecutivo di cui lo stesso presidente del Consiglio era costituzionalmente corresponsabile. Con l’obiettivo, ormai fin troppo palese, di eliminare per vie improprie un pericoloso avversario.

Peccato però che, negli stessi giorni in cui la politica abdicava per l’ennesima volta alla sua autonomia, strumentalizzando per i suoi fini contingenti le decisioni di certa magistratura (fra l’altro sempre più in calo di credibilità agli occhi dell’opinione pubblica), il caso dell’immigrazione clandestina sia ritornato prepotentemente sulla scena, fra l’altro con l’aggravante della possibilità che gli immigrati irregolari ri-diffondano sul nostro territorio il virus che abbiamo appena domato. Tanto da assistere al paradosso di Lamorgese, Di Maio e lo stesso Conte fare a gara a chi fosse più “salviniano” nella sostanza delle decisioni politiche da prendere.

L’altra strategia usata è quella di dividere gli alleati del centrodestra, soprattutto non essendo stata capace la maggioranza di trovare candidati unici graditi a tutti. Ecco, allora, che si cerca di sfiancare l’avversario, che certamente i suoi problemi ce li ha, parlando di una Meloni ormai alle sue calcagna o di una fronda interna che starebbe addirittura portando ad una scissione del suo partito (sic!).

Per non dire del governatore lombardo Attilio Fontana, vicino a Salvini e accusato di un reato senza corpo del reato: i suoi conti bancari sono passati al setaccio manco come fossero quelli di un capomafia. È la lotta politica, si dirà. E in parte è vero. Ma l’impressione è che la strategia degli anti-salviniani, più feroce oggi che ieri che il Matteo nazionale un po’ di potere ce lo aveva, sortisca l’effetto inverso. Basterebbe aver studiato qualche rudimento di marketing politico per capire che la divisività aiuta l’avversario. E in più danneggia se stessi se non si ha da offrire agli elettori molta merce in paniere. Non è un caso che se Salvini ha perso qualche punto in percentuale nei sondaggi ciò sia avvenuto proprio nel periodo del lockdown, quando lo si era chiamato (senza molta convinzione) a collaborare insieme all’opposizione e ciò si era risolto in una deposizione momentanea delle armi da entrambe le parti.


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